Al Miur la gestione del personale da assegnare ai diversi plessi scolastici continua ad essere oggetto di discussione, in vista del prossimo contratto sulla mobilità.
Uno dei motivi su cui si è bloccata la trattativa, che dovrebbe comunque essere riavviata lunedì 30 gennaio, è infatti proprio quello sui criteri per l’assegnazione della sede di servizio al personale in organico, qualora l’istituzione scolastica (con più plessi e corsi) comprenda sedi situate in comuni diversi (talvolta a grande distanza l’uno dall’altro): sino a qualche giorno fa, forti dell’accordo politico di fine 2016, i sindacati avevano ottenuto che tale decisione non fosse unidirezionale, nelle sole mani del preside, ma tornasse a livello di contrattazione integrativa d’istituto. Quindi, da definire con le Rsu e, se presenti al “tavolo”, anche con i sindacati.
Improvvisamente, però, l’amministrazione di Viale Trastevere ha virato. Tornando agli ultimi anni.
Il problema rimane sempre quello di applicare la legge. In particolare, a favore del Miur vi sono due norme particolarmente “pesanti”: l’art. 25 del Dlgs 165/01, in particolare il comma 4, che delega “al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale”, e un altro decreto legislativo, il 150/09.
Quest’ultimo ha infatti “sgonfiato” la contrattazione collettiva, mettendo in discussione l’articolo 6, comma 2, lettere h), i) ed m) del Contratto collettivo nazionale della scuola i vigore, tra cui figura anche la gestione degli insegnanti alle sezioni staccate e ai plessi, sempre tenendo conto del Pof, alle assegnazioni del personale, anche Ata, , ai criteri adottati nell’organizzazione il lavoro e l’articolazione dell’orario del personale, oltre che per l’individuazione del personale individuato come meritevole nelle attività retribuite con il fondo di istituto. Oltre che per l’assegnazione dei docenti alle classi, in riferimento ai quali non può discostarsi (se non motivandoli) dai parametri indicati dal Consiglio d’Istituto.
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Cosa accadrà ora è difficile dirlo. In “ballo” c’è pure il ruolo delle Rsu. Che se privato, in contrattazione, della gestione del personale, come accaduto dal 2011 in poi, perde non poco della sua valenza. I sindacati lo sanno bene.
Maddalena Gissi, leader Cisl Scuola, spiega che questo per noi è “un punto dirimente”: occorre a tutti i costi, prosegue la sindacalista, “collocare il contratto, sotto questo aspetto, su una linea di coerenza con l’intento di valorizzare le relazioni sindacali contenuto espressamente nell’intesa sul lavoro pubblico del 30 novembre. A tale coerenza richiameremo dunque l’Amministrazione”.
Anche la Gilda ha alzato la voce, parlando di condizione “inaccettabile e che ancora una volta dimostra di voler lasciare alla discrezionalità del dirigente scolastico anche l’assegnazione degli insegnanti ai plessi”.
La vicenda, tuttavia, va oltre il tavolo di Viale Trastevere. Come abbiamo scritto qualche giorno fa, il Governo Gentiloni sta infatti lavorando ad un nuovo Statuto del lavoro pubblico, con la Funzione Pubblica che potrebbe presentare la bozza definitiva in Consiglio dei ministri non oltre metà febbraio.
L’obiettivo, caldeggiato dai sindacati, è buttare giù anche la “gabbia” che l’entourage dell’ex ministro Renato Brunetta volle mettere alle contrattazioni di comparto. E quindi pure la gestione del personale.
Ad oggi, però, quel decreto è ancora in vigore. E aggirarlo non è così semplice, visto che i contratti di comparto sulla mobilità devono poi passare proprio per il via libera della Funzione Pubblica.
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