“Anche se ero assistito dai sindacati, da un avvocato bravo, anche se il piccolo dibattimento è stato cordiale, la violenza di una convocazione in cui viene vagliato il proprio lavoro a partire dall’arbitrio dell’autorità e rispetto a un codice etico arbitrario non è una violenza?”. A scriverlo, nella sua pagina Facebook, è stato Christian Raimo, docente e scrittore, a cui nei giorni scorsi è stato notificato un provvedimento disciplinare per violazione del codice etico dei dipendenti pubblici, in particolare per aver criticato sui social il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
Il professore Raimo è stato convocato nella sede dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio diretto dalla dirigente Anna Paola Sabatini. Il colloquio, alla presenza di un legale che lo affiancava, sarebbe stato sereno: “è stato un incontro attento e cordiale, i dirigenti dell’Usr hanno chiesto e ascoltato, io avevo prodotto una memoria difensiva ma alla fine abbiamo lasciato che si verbalizzassero cose ancora più semplici”.
A posteriori, però, il professore non sembra averla presa bene: “usciti da via Ribotta, la sede dell’Usr, durante tutta la giornata ho pensato che tipo di esperienza fosse stata. E ho pensato che fosse stata un’esperienza di violenza”, ha scritto oggi Raimo.
E quindi ha esposto i motivi del rammarico. “Chi decide cos’è il decoro, l’immagine, la reputazione di un ministero? Chi decide cosa possiamo dire durante una trasmissione tv, su un giornale, su un post, insegnando nella scuola pubblica? Davvero possiamo essere convocati davanti a un ufficio scolastico regionale e giudicati su questo, rischiando una sanzione?“, ha scritto il docente.
“È un caso che Ilaria Salis, Seif Bensouibat, Donatella Di Cesare, il docente del Righi, insegnino nelle scuole pubbliche, private, nelle università? È un caso che siano raddoppiati, secondo quello che diceva ieri pomeriggio alla Cgil Tatarella (segretario regionale dei lavoratori della Conoscenza n.d.r.), i provvedimenti disciplinari nei confronti dei docenti?”.
Quindi, Raimo arriva ad esplicitare il concetto finale: “Sempre nello stesso incontro Ascanio Celestini ricordava come le dittature fasciste non arrivino con colpi di stato. Certo ci sono i casi sudamericani, ma l’esperienza europea è quella di consolidamenti progressivi dei regimi, attraverso una capillare forzatura delle regole democratiche, una proceduralizzazione graduale come una mitridatizzazione, che è quella che ieri mi faceva pensare a un certo punto, anche, Ma chi me l’ha fatto fare?“.
Ma come si è arrivati questo? L’attenzione mediatica, anche del Ministero, verso professore Raimo va ricondotta innanzitutto alle parole pronunciate alla fine del mese di marzo dallo stesso prof durante un dibattito televisivo sul caso di Ilaria Salis: “Una docente antifascista va in Ungheria e picchia dei neonazisti. Ma perché, ai neonazisti cosa si dovrebbe fare?”, aveva detto il docente suscitando non poche critiche nei suoi confronti.
Come abbiamo avuto già modo di scrivere, Raimo – che è anche candidato alle elezioni europee nella lista di Alleanza Verdi Sinistra e in questi giorni impegnato anche in tribune elettorali – ha però precisato che la contestazione riguarda non tanto le parole “forti” pronunciate in tv, ma il contenuto di un post pubblicato qualche giorno dopo.
“Era un post – spiega il docente – in cui dicevo che mi sembrava incredibile che un potere, sedicente liberale, reagisse alle critiche per vie giuridiche e soprattutto non dicesse nulla su striscioni che dei neonazisti mettono sotto scuola di un docente [me ne hanno messi tre, più quasi un migliaio di messaggi di minacce tra pubblici e privati]. Quello stesso potere, mi sembra che ora stia ancora usando la gerarchia per censurare la libera espressione”.
Sarebbero due gli articoli del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici ad essere stati potenzialmente violati da Raimo.
Nell’articolo 10, infatti, c’è scritto che “nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione”.
E l’articolo 11-ter dello stesso codice spiega che in “riferimento all’utilizzo dei mezzi di informazione e dei social-media” (…) “in ogni caso il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale”.
Si tratterebbe anche di articoli sulle regole comportamentali degli statali che secondo la Cgil non dovrebbero essere adottati tout court per gli insegnanti, per i quali esisterebbe un diritto alla libera espressione da collegare proprio alla particolarità della professione: per il sindacato si tratterebbe di un’adozione quindi impropria quella che si sta attuando verso Raimo, che conterrebbe anche dei profili di incostituzionalità.
Commentando “l’assoluzione di Donatella Di Cesare”, ancora Raimo ha sostenuto che “un tribunale ha stabilito che non è reato dire che un ministro sostiene tesi hitleriane se quel ministro dice delle cose hitleriane, tipo l’idea della sostituzione etnica”.
A questo punto, spetterà all’Ufficio scolastico regionale del Lazio stabilire se il docente ha violato o meno il codice etico degli insegnanti: è difficile fare delle previsioni su come andrà a finire.
È bene comunque ricordare che la contestazione d’addebito consegnata sinora al docente non rappresenta, al momento, un procedimento disciplinare ma solo un invito a giustificare un determinato comportamento ritenuto ipoteticamente “fuori dalle righe”. E questo chiarimento è stato fatto il 21 maggio.
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