La sbandata della preside, femmina, se mai ci sia stata, è diversa da quella del preside maschio, anche se c’è, ma che porta tuttavia differenti sfumature di scandalo. Il maschile, nell’opinione corrente, è disuguale dal femminile. Infatti, nell’immaginario dei filmetti sexy, a sfondo erotico-sessuale, il pruriginio si alza quando a essere protagoniste sono le vigilesse, le prof supplenti, le infermiere e così via, mai il suo maschile perché non fa cassetta, non richiama l’attenzione, non dà guadagni. E a questo corteo di femminette discinte, così in voga nella filmografia più scadente, ora si aggiunge questa dirigente che avrebbe avuto una relazione con uno studente del suo liceo. Un ragazzotto maggiorenne del quale non si sa nulla, tranne della sua presunta avventura dongiovannesca, e poi nemmeno il nome, al contrario della donna (perché la donna è l’anello sensibile delle storielle a luci rosse, come nei film) della quale manca solo la pagella delle scuole elementari e poi c’è tutto. A lui però si deve lo scoperchiamento della storia, avvenuto a seguito delle sue vanterie coi compagni di classe ai quali avrebbe fatto leggere le chat con la preside, nientedimeno che con la giovane capa della sua scuola, che lui si sarebbe portata a letto seppure dentro lo scomodo asilo di una automobile parcheggiata chissà dove.
Dalla vanteria coi compagni al clamore sui giornali, e alla conseguente e relativa ispezione ministeriale contro la dirigente, il passo è d’obbligo, pur essendo entrambi maggiorenni e dunque al di là delle possibili conseguenze di legge. Ma la cronaca vuole le sue vittime e una giovane e avvenente preside, all’inizio della sua carriera, è l’oggetto giusto per ogni tipo di strale, al contrario dello studente che, pur dimostrando di essere rimasto fermo alla più bieca ideologia mascolina, è diventando la pecorella smarrita sedotta dalla megera. Eppure, sembra sia stato uno dei promotori della occupazione del suo Istituto, di un movimento di studenti nel quale fra le tante parole d’ordine ci sono la democrazia, la parità di genere, la tolleranza, un approccio maturo con l’altro sesso, tant’è che al primo segnale di anti femminismo (gonne troppo corte o scollature troppo vertiginose delle alunne) da parte di prof o di presidi i ragazzi scioperano e contestano.
In questo caso tuttavia non sembra esserci stato un moto di solidarietà con la dirigente da parte né di studenti né di docenti, mentre il giovinastro si è conservato le chat con la donna per provare il suo avvenuto rapporto, il suo trionfante machismo, la sua comprovata mascolinità: a quale fine, l’avrebbe fatto, se non quello di dimostrare la sua virile prestanza?
Uno studente che in definitiva, in perfetta ideologia ottocentesca, rinnega perfino i principi dell’occupazione della scuola per ottenere la parità di genere, la democrazia, l’uguaglianza, una moderna visione della storia narrata sempre al maschile. Ma quando si trova però fa accia a faccia con la conquista di una femmina, e per giunta dirigente, si butta dietro le spalle le sue avventure ideologiche per accogliere quelle più becere del machismo trionfante, della mascolinità del gallo. Più dell’ideale politico e sociale egualitario, più delle declamate pari opportunità, più delle decantate lotte al femminile, poté la cultura del galletto che sa sedure, conquistare e perfino possedere, non solo una donna matura ma anche, e a maggior gloria virile, la sua dirigente scolastica.
Lo stereotipo di quei filmetti sexy c’è tutto, nonostante si tratti di un giovane scolaro, uno studente che sarà parte della futura classe dirigente, e dunque di un combattente per il rinnovamento della cultura, come vorrebbero far capire appunto quelle occupazioni delle scuole che però, in fin dei conti, perdono con tale esempio la molla ideologica e passionalmente politica, rischiando solo di sembrane una occasione ulteriore per marinare la scuola.
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