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Chi ha voluto le riforme che hanno rovinato la scuola? Benestanti e figli di papà

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“Si è disinvestito in istruzione, formazione, e, riforma dopo riforma, stravolto il sistema scolastico”.

A sostenerlo, sul settimanale “Il Venerdì di Repubblica”, è il giornalista Curzio Maltese.

Nella sua analisi, dal titolo “La Scuola pubblica minacciata da chi teme la democrazia”, l’autore dell’editoriale affronta i motivi per cui “la meritocrazia può essere un termine fastidioso”. Soprattutto alle élites, che “si sono spaventate per il destino dei propria pargoli”.

“Ogni nuovo potere promette un’ondata di meritocrazia e dopo poco si torna alla solita infornata di imbecilli miracolati, inevitabilmente destinati a peggiorare i conti di questa o quell’azienda pubblica o privata, amministrazione, televisione o ente culturale, eppure inamovibili perché garantiti dall’alto”.

 

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“L’Italia – continua Maltese – è stata per decenni, dal dopoguerra, un esempio europeo di opportunità. Grazie a grandi investimenti di Stato e un ottimo sistema di istruzione pubblica, il figlio di un operaio, di un contadino, di un impiegato poteva aspirare a migliorare la propria posizione sociale ed economica, nonostante il tradizionale familismo”.

E poi? “Poi qualcosa è successo”. Per “la sopravvivenza oligarchica, il sistema è cambiato. Si è disinvestito in istruzione”.

Come se ne esce? “Non certo importando a casaccio ricette straniere”, ammonisce Maltese. Perché quel che funziona all’estero puà essere fallimentare in Italia. Ad esempio, “l’alternanza scuola lavoro può funzionare bene in Germania, dove l’apparato industriale è moderno, fondato su grandi investimenti, innovazione e ricerca”.

Da noi, in Italia, invece, “adattare la scuola alle esigenze di un’industria bolsa e a basso livello tecnologico significa creare studenti di serie B, rispetto al resto d’Europa”. La stilettata al Governo Renzi è servita.

 

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