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Chi studia “a memoria” sbaglia, oggi l’apprendimento è continuo: chiamatelo Deep learning

Internet e i social network hanno rivoluzionato il mondo in cui viviamo: si tratta di un percorso cominciato in epoche lontane, quando ad esempio l’invenzione del telegrafo permise per la prima volta la comunicazione a distanza, ma che negli ultimi anni ha avuto una forte accelerazione.

Riuscire ad intercettare in tempo la direzione di dove si sta andando consente di porre le basi solide per il futuro dei ragazzi.

Immediatezza e velocità di trasformazione

Per capire ed interpretare questi fenomeni non può mancare quindi un’attenta analisi sociologica, in grado di analizzare i cambiamenti della società con l’introduzione di elementi innovativi come possono essere i social e altri strumenti offerti dalla tecnologia digitale.

Capire, per esempio, l’evoluzione della informazione, passata dalle testate giornalistiche e la carta stampata al giornalismo diffuso di Internet, serve a capire ed individuare problematiche tipiche di questo tipo di strumenti come le fake news.

Immediatezza e velocità di trasformazione sono tra le caratteristiche di questa fase di innovazione tecnologica, dove è richiesta per stare al passo con i tempi di quella che è definita come la “Deep learning” cioè l’apprendimento profondo, continuo; termine che deriva dall’apprendimento automatico delle macchine e dell’intelligenza artificiale.

Dal “surface learning” al “deep learning”

Si deve passare quindi da una metodologia del “surface learning”, cioè l’apprendimento basato sulle nozioni di base a quello continuo e complesso che mette in relazione le nozioni per creare nuove idee, tipico appunto del “deep learning”.

Un nuovo approccio che la scuola deve far proprio, come analizza nel suo articolo Stefano Nicoletti esperto di formazione, secondo il quale  “fornire agli studenti dei punti di riferimento nella realtà permette loro di andare oltre i canoni dello studio “a memoria”, li facilita nel rielaborare creativamente le informazioni e li aiuta a instaurare più facilmente una collaborazione con altri studenti”.

È importante, dunque, mettere insieme la preparazione accademica e scolastica con l’esperienza professionale e creare una relazione con tutti gli attori in gioco. Qui subentra, secondo Nicoletti, il secondo fattore di successo del lavoratore professionista di domani che la scuola deve insegnare: la capacità di gestire una “fisiologica tensione”, la possibilità di accettare lo “stress come meccanismo evolutivo” in grado di farci performare meglio.

Ma come si sta muovendo la scuola italiana per cercare un approccio immediato per individuare ed insegnare queste specifiche competenze diventate come detto, fondamentali nel nostro mondo digitale e globale?

Cosa si fa a scuola

Le applicazioni in campo educativo possono andare dai software che riconoscono i punti di forza e di debolezza di ciascuno studente proponendogli un percorso di apprendimento che ottimizzi le sue prestazioni in varie materie ad una vasta gamma di serious games e di devices che utilizzano la realtà virtuale e quella aumentata.

Lo sviluppo delle reti neurali artificiali, che simulano quelle del sistema nervoso e del cervello umano, sono  in grado di acquisire esperienza, auto-organizzarsi e apprendere, potrebbero portare nei prossimi anni a risultati spettacolari ma con impatti etici tutti da definire come la traduzione automatica simultanea di interlocuzioni tra soggetti che parlano lingue diverse, con conseguente ridimensionamento dell’insegnamento scolastico delle lingue straniere e della figura professionale del traduttore.

Alcuni segnali ci sono, spesso ancora frutto di iniziative singole, ma d’altro canto parliamo di impatti sul mondo della formazione non trascurabili.

Dino Galuppi

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