Purtroppo in Italia, in quasi tutti i campi, lo studioso soccombe e l’ignorante prevale. Una delle grandi arretratezze dell’Italia, secondo me, è il non riconoscimento dei meriti di coloro che si impegnano e studiano. Credo che ad un certo punto debba entrare in gioco anche la meritocrazia. Faccio l’esempio della scuola: un grande vantaggio che ha la scuola italiana è l’aiuto per chi è più indietro, però non c’è un grande progetto analogo per i migliori. I cosiddetti “geni”, ricchi di talento, nella nostra società devono lottare molto per raggiungere risultati. Un altro grande problema degli italiani è la mentalità del “se è arrivato fin lì, di sicuro è raccomandato”.
In effetti, la raccomandazione è molto diffusa in Italia, ma io trovo ben più grave il fatto che molti credono sia l’unico mezzo per il successo.
In media, in una classe di scuola italiana, i tre o quattro migliori, studiosi e interessati, devono subire emarginazione dal gruppo. In questo Paese non si spera nell’opportunità di studiare e di apprendere, ma si spera di vincere la schedina, il gratta e vinci, partecipare ai quiz televisivi o al Grande Fratello. Nei Paesi stranieri lo studio, l’impegno, il merito sono tra i primi valori della società. Per renderci conto di quanto noi siamo ancora indietro, basti pensare a quanto sia difficile all’estero trovare lavoro senza laurea; dei lavoratori italiani, invece, solo pochi ce l’hanno.
Talvolta succede anche che non ci si iscrive alle facoltà a numero chiuso, credendo che anche provandoci non si riuscirà. Tuttavia credo che gli insegnamenti dei genitori ed educatori ad essere “una persona per bene”, a sfruttare il proprio talento e a credere nelle proprie aspirazioni, possa essere il giusto modo per affrontare questo problema: bisogna provarci, mettersi in gioco e cercare di cambiare le cose. L’Italia ha bisogno di gente che vuole cambiare la propria vita e il mondo in cui vive, e non bisogna pensare che sia una cosa impossibile, perché il nostro futuro dipende solo da noi.
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