Politica scolastica

Chiamata diretta, alternanza e Invalsi per far digerire il taglio degli stipendi

Lo avevamo scritto almeno due mesi fa e, a distanza di tempo, i fatti sembrano darci ragione: i numeri contenuti nel DEF e le dichiarazioni e gli annunci del Ministro Bussetti e di altri esponenti della maggioranza confermano che per la scuola ci saranno pochi soldi ma qualche “riforma” a costo zero.

L’accordo sulla chiamata diretta

Le avvisaglie si erano avute già a luglio quando il Ministero aveva sottoscritto con i sindacati un accordo che sospendeva la chiamata diretta per il 2018/19: l’intesa aveva ovviamente riscosso grande consenso nel mondo della scuola.
Un’altra standing ovation il Ministro l’aveva incassata qualche settimana dopo quando aveva dichiarato l’intenzione di mettere mano alla alternanza scuola-lavoro.
Ma il capolavoro politico si è registrato con la conversione in legge del decreto milleproroghe e in particolare con la norma che rinvia di un anno le regole sull’esame di Stato introdotte dal decreto legislativo 62/2017 (prove Invalsi e ASL non saranno condizione indispensabile per essere ammessi all’esame).

Il Documento di economia e finanza

Adesso nel DEF si annuncia anche che le ore di alternanza saranno pressoché dimezzate (non è da trascurare il fatto che l’operazione consentirà anche un risparmio non del tutto disprezzabile), mentre sulla cancellazione definitiva della chiamata diretta sono già pronti due disegni di legge, uno firmato da Bianca Granato (M5S) e un altro da Mario Pittoni (Lega).
Come si può notare si tratta di misure che il mondo della scuola apprezzerà sicuramente molto ma che non hanno alcun costo.
Non è da escludere, a questo punto, che nelle prossime settimane vengano annunciate anche altre iniziative analoghe (si parla, ad esempio, di un possibile intervento sulle prove Invalsi e di una riduzione dell’importo della carta del docente).
Tutto questo potrebbe servire proprio a rendere meno indigesto il mancato intervento sul trattamento economico che, è ormai certo, non verrà toccato nel 2019 (c’è anzi il rischio sempre più concreto che a gennaio le retribuzioni della maggior parte dei dipendenti pubblici subiscano una riduzione).

Reginaldo Palermo

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