La convinzione di tantissimi insegnanti è quella che esista una vera e propria subalternità della scuola all’impresa e al libero mercato. Tale subalternità si ritorce soprattutto contro i docenti e favorisce l’idea di una scuola verticistica e dirigista.
Negli ultimi venti anni le leggi di riforma scolastica e le leggi di bilancio sono state sempre negative per la categoria degli insegnanti. Sono stati ridotti i diritti dei docenti e aumentati notevolmente i loro carichi di lavoro. L’autonomia scolastica ha assegnato maggiori poteri e maggiori responsabilità ai dirigenti scolastici e le relazioni interne alle scuole si registrano sempre più tese tra le varie componenti. Studenti e famiglie sono diventati clienti, il dirigente scolastico ha assunto il ruolo del capo di azienda, mentre i docenti e il personale amministrativo hanno acquisito il profilo dei dipendenti del Dirigente scolastico.
Il decreto legislativo 165/2001 ha aumentato, attraverso l’art.25, i poteri dei vecchi Presidi sostituendoli con quelli degli attuali Dirigenti scolastici. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.
Queste nuove responsabilità dirigenziali hanno creato una evidente frattura nelle relazioni professionali tra Ds e RSU e tra Ds e docenti ritenuti marginali o fuori dal coro.
La legge 107/2015 ha acuito di molto questa frattura relazionale tra le varie componenti della scuola, creando ulteriori divisioni anche all’interno della categoria docente. L’introduzione del bonus del merito e della chiamata diretta o per competenze dei docenti da parte dei Dirigenti scolastici, ha contribuito a generare un clima di contrapposizione all’interno dei collegi docenti. La Buona scuola ha portato avanti una scuola divisa tra insegnanti meritevoli e non meritevoli, tra docenti scelti dal Dirigente per fare parte del suo staff e docenti.
L’introduzione obbligatoria dell’Alternanza scuola lavoro anche nei licei, ai sensi dell’art.1, comma 33 della legge 107/2015, è sembrata una norma che ha messo la scuola, soprattutto la metodologia didattica degli insegnanti, in uno stato di evidente subalternità al mondo del lavoro imprenditoriale e produttivo, una resa alla logica del libero mercato. L’istruzione vista come l’acquisizione di competenze necessarie al mondo dell’impresa e non più come l’istituzione capace, per dirla alla Calamandrei, di trasformare sudditi in cittadini.
Dopo il movimento spontaneo delle “Sardine” che ha mosso migliaia di persone a scendere in piazza contro il pericolo di un sovranismo anti europeista, servirebbero le “Sardine del mondo del lavoro”, che siano in grado di avviare una stagione sindacale che vada a rievocare i famosi anni ’70. La scuola dovrebbe tornare ad occuparsi della formazione delle future generazioni abbandonando la subalternità all’impresa e la sudditanza al potere politico di turno. Sono in tanti ad auspicare, per il bene del Paese, l’abbattimento di un sistema scolastico nazionale di tipo verticistico, che non piace a chi nella scuola ci lavora e soprattutto a chi ha funzioni di docenza.
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