Categorie: Politica scolastica

Chiamata diretta: anche le scuole complicano la vita ai docenti

E adesso che le scuole iniziano a chiamare i docenti per coprire i posti dell’organico dell’autonomia, stanno arrivando al pettine altri nodi difficili da sciogliere.

I problemi e le difficoltà che molti nostri lettori ci stanno segnalando non riguardano soltanto l’impianto della legge e la “filosofia” della cosiddetta “chiamata diretta”.
Si tratta infatti di problemi che le scuole avrebbero potuto tranquillamente evitare se solo si fossero raccordate e coordinate fra di loro.
I casi che i docenti ci segnalano sono diversi; quello più paradossale riguarda il mancato coordinamento delle operazioni.
Facciamo un esempio concreto
  

scuola      proposta scuola    accettazione  doc.        incarico scuola
A              9 agosto                        10 agosto                    12 agosto 
B              11 agosto                       12 agoso                     16 agosto
C              16 agosto                      17 agosto                     18 agosto

Si tratta ovviamente di un esempio “semplificato” (normalmente in un ambito il numero delle scuole è molto superiore a 3) per meglio comprendere i termini del problema 
Mettiamoci quindi nei panni dell’insegnante X che ha presentato la propria domanda in tutte e tre le scuole ma che, per svariate ragioni, ambirebbe soprattutto alla scuola C o, in subordine alla B, e solo in ultima istanza si “accontenterebbe” della A.
Questo insegnante il giorno 9 ha dunque ricevuto la proposta della scuola A alla quale deve rispondere entro il giorno 10. Dilemma: accetta l’incarico o aspetta l’eventuale offerta della scuola B o della scuola C?
Se accetta si preclude la possibilità di andare in una scuola più gradita; ma se non accetta e nessuna delle due scuole formula una proposta, finisce ti trovarsi senza incarico e di dovere andare nella scuola che l’USR gli assegnerà d’ufficio.
Il problema non si sarebbe neppure posto se tutte le scuole dell’ambito avessero concordato un calendario comune.
Ma, purtroppo, la cultura della rete è una espressione che molto spesso “fa fine e non impegna”. Peccato che -in questo caso – ci siano di mezzo le vite professionali di migliaia di insegnanti.

Reginaldo Palermo

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