L’autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha puntato il dito sul rischio che l’accentramento del potere nelle mani del solo dirigente scolastico possa ingenerare corruzione.
In modo particolare, come più volte da noi sottolinieato, sulla chiamata diretta: perchè è un meccanismo che potrebbe produrre favoritismi e discriminazioni.
Anche per tale intervento, l’amministrazione ha recepito che il procedimento di assegnazione degli incarichi comprenda un parere degli organi collegiali della scuola ed ha pure proposto al tavolo negoziale di scrivere un contratto che preveda l’acquisizione di un parere del collegio dei docenti.
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Tuttavia, sembra proprio che su questo preciso punto, il parere del collegio dei docenti, non si sia raggiunto un accordo tra amministrazione e sindacati. In modo particolare, secondo “Italia Oggi”, il disaccordo sarebbe intorno al ruolo da affidare al collegio dei docenti, nell’ambito del provvedimento per individuare i docenti ai quali i dirigenti destineranno le proposte di incarico triennale previste dalla legge 107/2015.
Se per un verso, l’amministrazione vorrebbe che il parere dei prof fosse un atto formale, del quale il dirigente potrebbe non tenere conto, i sindacati lo vorrebbero vincolante. Così da indirizzare le scelte del dirigente all’interno di un quadro di regole, seppure limitanti l’esercizio della assoluta discrezionalità.
Infatti, sempre secondo “Italia Oggi”, mancando il parere vincolante, il dirigente avrebbe il potere di esercitare quella che gli addetti ai lavori chiamano «discrezionalità tecnica» una particolare tipologia di discrezionalità che può essere sindacata solo nel caso in cui le scelte risultassero palesemente irrazionali.
Resta il fatto, però, che allentando i vincoli dei dirigenti scolastici aumenterebbe anche il rischio, per i medesimi, di incorrere nella responsabilità penale. Che in materia di mobilità (la chiamata diretta rientra in tale materia) prima dell’avvento della legge 107/2015 non correvano alcun rischio.