Politica scolastica

Chiamata diretta, bonus merito, alternanza scuola-lavoro non sono da scuola pubblica: a Roma Carta e convegno per sopprimerli

Superare i commi più discussi della Legge 107/15 attraverso una soppressione legislativa, perché gli “aggiramenti” del nuovo contratto non soddisfano e soprattutto non offrono garanzie: sostenerlo è l’Officina dei Saperi, che per argomentare e motivare la cancellazione della chiamata diretta, del bonus merito e dell’alternanza scuola-lavoro ha prodotto il documento “Carta di Roma per la scuola pubblica”.

Il testo nasce come contributo autonomo realizzato da studiosi alla lotta aperta dall’Appello per la scuola pubblica redatto da un folto gruppo di insegnanti e sottoscritto da oltre diecimila cittadini.

Questa la sintesi del 10 punti contenuti nel documento:

  • LA SCUOLA NON HA IL COMPITO DI PREPARARE AL LAVORO, che costituisce solo una delle dimensioni in cui si realizza la vita umana.
  • LA SCUOLA NON DEVE FORNIRE “COMPETENZE” PER UN FUTURO MESTIERE, che configuri precocemente l’individuo lavoratore, ma deve formare la personalità dei ragazzi, arricchire la loro cultura, il pensiero critico, l’attitudine alla ricerca e alla soluzione dei problemi.
  • I RAGAZZI SI POSSONO AVVICINARE AL MONDO DELLE IMPRESE, NON PER ESSERE ADDESTRATI, MA PER ARRICCHIRE LA LORO CONOSCENZA DELLA VITA REALE, per scorgere da vicino le mirabiliadella tecnologia produttiva del nostro tempo, e al tempo stesso la fatica degli uomini e delle donne che producono la ricchezza nazionale.
  • LA SCUOLA NON DEVE DIVENTARE “ADEGUATA ALLA SOCIETÀ”, INTENDENDO PER SOCIETÀ IL MERCATO DEL LAVORO E L’UNIVERSO DEI VALORI CONSUMISTICI. La scuola deve diventare adeguata ai problemi del mondo complesso in cui viviamo, che non si esaurisce nella sfera della produzione, ma comprende i conflitti che lo agitano, i dilemmi di una natura gravemente vulnerata nei suoi equilibri, le disuguaglianze che lacerano le società umane.
  • LA DIREZIONE ANTISTORICA SINO AL GROTTESCO DELLE RECENTI RIFORME, ispirate al compito di piegare gli istituti della formazione alle necessità immediate delle imprese, ha creato dentro la scuola, così come dentro l’università, un’ossessione normativa, un’ansia di controllo dei risultati, che sta soffocando la libertà dell’insegnamento, sta piegando il pensiero umano sotto il calco unidimensionale della prestazione efficiente. Occorre un’opera radicale di smantellamento e di delegificazione, che liberi la figura dell’insegnante dagli infiniti obblighi di rendicontazione che oggi l’opprimono, che gli restituiscano il tempo per lo studio, per l’insegnamento, per il dialogo con i ragazzi.
  • LA POLITICA DELL’AUTONOMIA È IN REALTÀ DIVENTATA L’OCCASIONE PER SOTTRARRE RISORSE PUBBLICHE ALL’ISTRUZIONE, costringendo le singole scuole a inventarsi aziende alla ricerca di finanziamenti, di progetti, d’iscrizioni, in concorrenza l’una con l’altra.
  • OCCORRE UNA DECISA POLITICA D’INVESTIMENTO, INDISPENSABILE PER METTERE DAVVERO AL CENTRO LA SCUOLA E LA RICERCA, per invertire la rotta di marginalizzazione del Paese e di esclusione di strati sociali e aree geografiche drammaticamente sempre più estese. Occorre liberare gli istituti scolastici da compiti impropri e gli studenti dall’attuale saturazione dei tempi, mettendoli nella condizione di sperimentare che il tempo dell’apprendere, del creare e dell’immaginare, della meditazione interiore, della consapevolezza di sé, è un tempo disteso, non quello soffocato delle mille cose mordi e fuggi, dei mille addestramenti, dei cento attestati.
  • OCCORRE ABOLIRE LA FIGURA DEL PRESIDE MANAGER E RIPRISTINARE QUELLA DEL PRESIDE, QUALE PRIMUS INTER PARES,ispiratore e coordinatore della comunità di studio e di insegnamento che è la scuola. La modellazione gerarchica e autoritaria dei luoghi della formazione sulla forma azienda è una scelta di grave arretramento culturale e di svuotamento della dimensione umana, dialogica e dello spirito cooperativo della scuola.
  • LA SCUOLA, COME VUOLE LA NOSTRA COSTITUZIONE, COSTITUISCE UN FONDAMENTO IMPRESCINDIBILE DELLA MOBILITÀ SOCIALE. Essa deve essere dunque pensata come strumento per fornire pari opportunità a tutti i ragazzi, indipendentemente dalle loro provenienze familiari. Per questa ragione essa ha bisogno di risorse supplementari per intervenire sul proprio territorio, ridurre la dispersione scolastica, combattere la tendenza che la marginalità sociale ha di trasformarsi in marginalità culturale.
  • OCCORRE BANDIRE L’IDEOLOGIA MERITOCRATICA (che non significa disconoscere il merito), pensata per fabbricare l’individuo competitivo. La nostra società è già divorata da un agonismo economico sempre più spinto, oltre il quale c’è il conflitto armato. Noi dobbiamo realizzare nella scuola la cooperazione educativa, insegnare ai ragazzi la capacità di lavorare insieme, di riconoscere la cultura e la dignità dell’altro, di costruire già nella scuola la società solidale di cui l’umanità ha una drammatica esigenza. Noi non abbiamo bisogno di sempre più merci e sempre più a buon mercato, di beni che ormai saturano gli spazi quotidiani, non dobbiamo soddisfare bisogni sempre più indotti e superflui.

Venerdì 16 marzo convegno a Roma: aprire le porte

Su questi argomenti, venerdì 16 marzo, a Roma, dalle ore 10.00 alle ore 18.00, presso l’anfiteatro di Spin Time in via S. Croce in Gerusalemme, si svolgerà il convegno “Aprire le porte: creazione sociale e pedagogia del mercato. Per una scuola e un’università inclusive, ecologiche e cooperative” (valido come aggiornamento professionale riconosciuto dal Miur).

Ci saranno diversi relatori di livello accademico: è la prima volta che docenti universitari ed insegnanti di scuole di vari ordini e gradi si confrontano sulle condizioni attuali di scuola e università.

L’obiettivo – ci hanno detto gli organizzatori – è quello di indicare al futuro Parlamento percorsi di riflessione e di analisi che aprano nuovi spazi di intervento e di azione, culturale e politica.

Alessandro Giuliani

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