Chiamata diretta cassata dalla Consulta, per Pittoni (Lega Nord) era inevitabile
Fa discutere la sentenza della Consulta n. 76 del 24 aprile che ha respinto il modello sperimentale di reclutamento approvato poco più di un anno fa dalla Regione Lombardia. Dopo le perplessità espresse dall’assessore all’istruzione Valentina Aprea (Pdl), nelle ultime ore è arrivata la replica di Mario Pittoni, capogruppo uscente della Lega Nord in commissione Istruzione del Senato ed oggi unico rappresentante del Carroccio nel consiglio comunale di Udine.
Secondo Pittoni il no della Consulta alla chiamata diretta degli insegnanti non è una sorpresa: “la proposta – sostiene l’ex senatore – è fuori dalla Costituzione. La strada corretta è nel nostro progetto di riforma del reclutamento, che interviene sulla disomogeneità di valutazione (segnalata da tutte le indagini internazionali) che penalizza vaste aree del Paese, avviando un percorso di riequilibrio”.
Secondo Pittoni “qualsiasi norma, pur approvata localmente, sul reclutamento degli insegnanti da parte delle istituzioni scolastiche, è destinata a essere cassata”. Per l’esponente leghista la legge costituzionale 3/2001, che ha modificato il titolo V della Costituzione, sancisce infatti che “allo Stato spetta la competenza legislativa esclusiva in materia di definizione delle norme generali sull’istruzione. E le modalità di reclutamento dei docenti per le scuole statali è norma generale sull’istruzione, non appartiene cioè alla legislazione regionale”.
“Per venire incontro alle richieste degli istituti la nostra proposta prevede quanto segue: ‘Ai fini dell’assegnazione di sede i docenti indicano, tra tutti i posti vacanti e disponibili, le istituzioni scolastiche in ordine di preferenza; i dirigenti scolastici, presso cui risultano vacanti e disponibili i posti utili per l’assegnazione di sede, prendono visione del profilo professionale, risultante dall’esito della prova di preparazione, dal risultato delle prove concorsuali e dai servizi di insegnamento eventualmente prestati in precedenza, dei docenti che hanno indicato l’istituzione scolastica tra quelle preferite e formulano una proposta di gradimento. Definita l’assegnazione di sede sulla base delle preferenze dei docenti e del gradimento dei dirigenti scolastici, l’ulteriore assegnazione di sede dei docenti avviene in base aiposti che risultano ancora disponibili’”.
Per selezionare correttamente il personale, la nostra riforma punta su un’articolata prova di preparazione effettuata a parità di condizioni con gli altri iscritti nella stessa regione, che inciderà per i 4/5 del punteggio base (non si potrà più portarsi dietro i punti da casa) e concorsi regionalizzati. La concorrenza fra regioni – conclude Pittoni – farà il resto”.
In caso contrario, si rischia, conclude Pittoni, “di consegnare in alcune zone le strutture scolastiche a clan familiari e piccole mafie locali”. E se lo dice un leghista “doc”, che per definizione ha a cuore le sorti dell’autonomia a livello territoriale, si comprende ancora meglio perchè la Consulta si è espressa in un certo modo.