Chiamata diretta: dalla svolta epocale al rinvio al 2017?

La svolta epocale di Faraone (era il 6 luglio): «“È importante che si riesca a costruire un dialogo su queste novità. Devo dare atto ai sindacati di aver avuto uno spirito costruttivo. Con l’accordo siglato abbiamo dato una svolta epocale alla scuola e abbiamo dimostrato che è possibile trovare un’intesa mantenendo, da un lato la necessità degli istituti di scegliere gli insegnanti di cui hanno bisogno, dall’altro di evitare una deregulation selvaggia. Per la prima volta le scuole decideranno di quali insegnanti hanno bisogno per portare avanti il loro piano formativo e questi ultimi non verranno selezionati in base all’anzianità, ma per il loro profilo professionale che hanno costruito in anni di studio e lavoro”, ha dichiarato il Sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che ha seguito la sigla dell’intesa».

L’altolà dei presidi ANP (il giorno dopo, 7 luglio): «Non trova l’assenso della maggior parte dei presidi, quelli aderenti all’Anp, l’accordo politico raggiunto sulla gestione della chiamata diretta. Con un polemico comunicato, l’associazione dei presidi e delle alte professionalità, guidata da Giorgio Rambado, esprime tutto il suo dissenso verso la nuova sequenza contrattuale».

Miur rompe le trattative (dopo il NO dell’ANP, il 13 luglio): « “Lo stop alla trattativa sulla chiamata diretta ci poteva stare, ma nessuno avrebbe mai immaginato che a ‘sfilarsi’ sarebbe stato il ministero dell’Istruzione”. A dirlo alla Tecnica della Scuola è uno dei sindacalisti che hanno partecipato alla infuocata riunione del 12 luglio: è appena uscito dal Miur, ha partecipato alla stesura del comunicato unitario, ha la voce stanca, è deluso».

Individuazione per competenze (22 luglio): Miur emette la nota unilaterale “Indicazioni operative per l’individuazione dei docenti trasferiti o assegnati agli ambiti territoriali …” «Chi si aspettava un decreto o un’ordinanza ministeriale è rimasto deluso: il Miur ha diramato una semplice nota indicativa o poco più. Non c’è, quindi, la firma del ministro e nemmeno del Direttore generale del personale scolastico in calce alla nota, che è stata firmata dal Capo dipartimento per il sistema educativo e d’istruzione, Rosa De Pasquale. La nota, per sua natura, non ha valore prescrittivo e vincolante per i dirigenti scolastici che possono operare con una certa discrezionalità che, però, li rende personalmente responsabili delle scelte ed esposti a possibili ricorsi».

La chiamata diretta slitta al 2017? Quanto sopra è una sintesi degli accadimenti palesi, noti e ufficiali. Probabilmente o sicuramente esistono anche fatti, incontri, abboccamenti, anche accordi variamente articolati, riservati, sottotraccia tra Sindacatoni e Miur. Tra cui potrebbe esserci l’ipotesi di rinviare la chiamata diretta all’anno prossimo avendo consolidato però la sua ineluttabilità, evitando così disagi e grane ai presidi (inclusi possibili ricorsi ai giudici) e consentendo una pausa di riflessione ai Sindacatoni. Non è un caso che l’ipotesi venga avanzata da gruppi di DS e da alcuni sindacati. Forse Sindacatoni e Miur sono già d’accordo e stanno solo aspettando un’occasione propizia o un pretesto utile. Vedremo.

Il possibile colloquio con il preside. Costituisce un’innovazione – forse anche bizzarra e avveniristica (v. Skype!) – che potrebbe però consolidare e rimarcare le prerogative dirigenziali ma la cui utilità e fattibilità sono criticate e contestate.

In proposito possiamo leggere quanto scrive la preside Antonella Gramazio che esplicitamente “plaude al Governo” per l’ottima (secondo lei) legge 107/2015 che include la “mitica chiamata diretta”. La citazione è un po’ lunga (una decina di righe) ma può risultare utile per alcuni chiarimenti e alcune domande.

Eccola: «Il Dirigente Scolastico non deve interrogare i docenti sulle materie strettamente disciplinari. Essendo docenti di ruolo le conoscenze disciplinari sono “scontate”, costituiscono un prerequisito di accesso ai ruoli. Quindi nessuna indagine di conoscenza della Matematica, della Fisica, dell’Informatica o della Chimica. Il colloquio potrebbe essere utilissimo per comprendere se l’interlocutore, docente aspirante all’incarico nell’Istituto specifico, sappia fare e soprattutto essere “Docente”. Per tale valutazione ad un Dirigente Scolastico non si richiede la “tuttologia”, in quanto ha sicuramente le idee chiare sulle linee di indirizzo dell’istituzione scolastica che dirige. Sono sufficienti pochi minuti e domande precise per comprendere la congruità degli obiettivi professionali che il Docente pone a base della propria azione didattica, in ragione del principio della libertà di insegnamento, e quelli fissati dal DS nello specifico atto di indirizzo».

Ed ecco osservazioni e domande:

  • può andare bene che per i “docenti di ruolo le conoscenze disciplinari sono scontate”, sembra però contraddittorio e monco il fatto che i docenti già di ruolo debbano essere testati o verificati sulle capacità di fare ed essere “Docenti”!
  • anche la libertà di insegnamento deve essere testata e verificata almeno nella sua congruità alle indicazioni del DS, che quindi delimitano o selezionano la libertà stessa, perciò una libertà condizionata (?!) e acclarata preventivamente con il colloquio? L’atto di indirizzo del DS ingabbia e mette al guinzaglio l’art. 33, Cost.? Mentre l’avv. Marco Barone rimarca che la libertà di insegnamento debba essere inserita nel PTOF.
  • sorprende l’affermazione che ai DS sarebbero “sufficienti pochi minuti e domande precise ….”, ma allora alcuni DS oltre al fiuto possiedono anche poteri paranormali? Diversamente dai presidi ANP che già battono cassa segnalando proprio ulteriori oneri e responsabilità.
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