Le polemiche, anche furiose, di questi mesi sulla nuova legge sulla scuola, da poco approvata, difficilmente trovano una giustificazione plausibile, se pensiamo anche alla storia veneta.
Parlo della chiamata diretta dei docenti da parte del preside.
Sono convinto che questo punto sia un passaggio epocale della nostra scuola, perché legato all’introduzione di quell’etica della responsabilità che noi pretendiamo dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie al momento delle valutazioni, la stessa che poi, a volte, neghiamo a noi stessi. Presidi, docenti, personale tutto.
Come dicevo, a dire il vero, non è una pratica del tutto nuova. Perché in passato già attuata nelle scuole sedi delle maxi-sperimentazioni. Senza che nessuno avesse qualcosa da obiettare.
Parlo, tra queste scuole, del mio Liceo Brocchi di Bassano del Grappa. Erano gli anni settanta e ottanta.
In queste scuole i presidi, con l’ausilio di un comitato di valutazione presieduto dallo stesso preside, avevano la possibilità di scegliersi i migliori docenti. Ed il loro lavoro era di continuo monitorato, con l’intervento di ispettori ministeriali.
Queste scuole sperimentali prevedevano cioè il dispositivo del “comando”, che consentiva loro di selezionare i docenti di ruolo, titolari in altre scuole, ma interessati ad insegnare, a domanda, su posti “vacanti”, nel nuovo istituto con indirizzi sperimentali.
In questo modo si garantiva a queste scuole una piena autonomia didattica ed organizzativa, con docenti preparati e interessati ad un percorso di maturazione professionale. I criteri-base delle scelte da parte del comitato di valutazione erano titoli, pubblicazioni, informazioni dalla scuola di provenienza.
Nella mia scuola, in quegli anni, di discuteva persino della abolizione del concetto di “ruolo”. L’abolizione, cioè, della fonte prima di quell’automatismo che troviamo nelle graduatorie che, assieme all’immobilismo degli organici, ha, negli anni, reso sempre più difficile la vita delle scuole. Chiamate a corrispondere, invece, alle nuove domande formative e ai diversi contesti sociali. Una scuola al passo con i tempi, cioè vero “servizio pubblico”.
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