Categorie: Politica scolastica

Chiamata diretta: è ipotesi di reato chiamare un amico o un parente

Nei forum e nei gruppi FB circolano da qualche giorno notizie su irregolarità presunte o reali nelle procedure della chiamata dei docenti dagli albi.

C’è chi racconta di ds che confessano di essere stati contattati amici o personaggi “influenti” che segnalano il figlio, la moglie o un altro parente.
Chi teme che il criterio “aver già insegnato nella stessa scuola” anzichè servire a garantire un po’ di continuità verrà di fatto utilizzato per confermare gli insegnanti più graditi (o addirittura i più “arrendevoli”).
Commenti e battute, poi, si sprecano sui video “a figura intera” richiesti o proposti da alcuni dirigente scolastici (per la verità, per ora si conoscono solo due casi del genere).
Ovviamente molti temono che le chiamate vengano effettuate non per “competenze” ma per “conoscenze” più o meno lecite.
Certamente quando ci si trova di fronte ad attività discrezionali della Pubblica Amministrazione le preoccupazioni sono del tutto legittime; d’altronde già nei mesi scorsi l’Autorità nazionale anticorruzione aveva inserito la “chiamata diretta” fra le procedure “a rischio”, insieme con l’adozione dei libri di testo, la valutazione degli alunni e la definizione degli orari dei docenti. Ma non bisogna dimenticare che i rimedi esistono. L’Anac, per esempio, suggerisce di dare la massina trasparenza possibile all’intera procedura; in ogni caso va detto che il ds che attribuisce gli incarichi convinto più dalle conoscenze che dalle competenze commette certamente un illecito. E non è neppure da escludere che il fatto rivesta rilevanza penale (abuso d’ufficio, interesse privato e persino corruzione): in questi casi non resta altro da fare che rivolgers all’autorità giudiziaria.
I sindacati hanno già preannunciato che non lasceranno nulla di intentato e che inonderanno i tribunali di ricorsi e denuce. Vedremo cosa davvero succederà perchè chi adirà le vie legali dovrà anche fare attenzione a non incorrere nell’ipotesi di “incauta denuncia” o addirittura nella vera e propria calunnia.

 

Reginaldo Palermo

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