Categorie: Personale

Chiamata diretta: e se il dirigente delega il vicepreside?

Sta prendendo avvio in 8mila scuole italiane la procedura per la “chiamata diretta” dei docenti titolari sugli ambiti territoriali.

L’operazione partirà il 29 luglio con la pubblicazione degli avvisi da parte delle scuole per la copertura dei posti nella primaria, poi i docenti interessati potranno candidarsi e successivamente i dirigenti scolastici inizieranno a redigere elenchi e “graduatorie” e – se necessario – a effettuare colloqui per poi concludere con l’attribuzione dell’incarico.
Il particolare momento dell’anno in cui si sta svolgendo la procedura crea una ulteriore difficoltà: non sempre colloqui e conferimento degli incarichi potranno essere effettuati personalmente dal dirigente scolastico che sarà così costretto a delegare il vicepreside, il “secondo collaboratore” o un altro docente di sua fiducia.
La questione è molto delicata e merita qualche approfondimento.
Il primo punto da sottolineare è che la procedura può essere delegata se effettivamente non vi sono altre soluzioni ragionevolmente praticabili; ma è necessario che la delega sia esplicita e circostanziata: difficilmente, infatti, nella delega conferita a inizio d’anno erano stati inseriti gli impegni connessi con la chiamata dagli albi.
A maggior ragione un atto formale di delega si rende necessario se l’incarico viene attribuito ad un docente che non sia il vicepreside.
E’ anche opportuno che la delega sia circostanziata: devono cioè essere esplicitati i limiti entro i quali il delegato dovrà operare.
Per quanto concerne i colloqui sarebbe opportuno che venissero svolti da una “mini-commissione” formata dal dirigente e da altri due docenti in modo garantire una obiettiva raccolta dei “dati”. Senza trascurate la necessità di verbalizzare ciascun colloquio.
L’ovvio corollario è che il provvedimento finale di conferimento dell’incarico deve essere adeguatamente e accuratamente motivato; vanno cioè indicate nel provvedimento le motivazioni che hanno determinato la scelta di quel particolare insegnante.
Se la “chiamata diretta” viene delegata al vicepreside o ad altro docente è indispensabile che le modalità della procedura vengano esplicitate e precisate nell’atto di delega.
Tutte queste cautele possono quanto meno garantire che eventuali ricorsi si incentrino sul merito e non sulla correttezza formale. Ma, è bene ricordarlo, le possibilità che un ricorso sul merito venga accolto dal giudice del lavoro sono particolarmente ridotte, dal momento che le valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione non sono di per sé impugnabili, a meno che non si possa provare il dolo del funzionario che ha adottato la decisione. 

Reginaldo Palermo

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