“Non è una chiamata diretta, ma un differente criterio d’assegnazione”.
La diversa definizione della scelta degli insegnanti da parte dei dirigenti scolastici, attraverso le indicazioni dei Piani dell’offerta formativa, è stata introdotta dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
Rispondendo, il 2 agosto a Napoli, ad una domanda sulla chiamata diretta, il responsabile del Miur ha detto che “per la prima volta nella storia del Paese viene presa in considerazione una variabile non considerata prima e cioè le competenze degli insegnanti e l’unione di ciò che sono le competenze e ciò che si vuole mettere a disposizione della scuola”.
Per questi motivi, ha sottolineato, secondo noi non è appropriato definirla “una chiamata diretta, ma un differente criterio di assegnazione”.
“Credo che questo – ha concluso – sia il modello più funzionale affinché la scuola sia veramente buona”.
Non la pensano così molti docenti, a leggere i social di questi giorni, e anche i sindacati. Almeno, nella versione finale imposta dal Miur dopo l’inaspettata rottura delle trattative di metà luglio: per costoro, infatti, sarebbe stato più funzionale adottare subito il tradizionale punteggio, derivante da titoli e servizi, per rimandare al 2017 il modello di chiamata diretta previsto dalla Legge 107/15.
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