Sulla chiamata diretta non c’è alcun rischio che si scelgano gli amici degli amici dei presidi, perché su di loro c’è un sistema che vigila e saranno valutati.
Affronta anche la discussa chiamata per “competenze”, così preferisce che si chiami, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, parlando ai microfoni di Radio 24.
Il rischio che un dirigente scolastico chiami ad insegnare nella propria scuola docenti amici, dice il responsabile del Miur, “è una patologia. Il nostro paese ne ha di patologie, ma il sistema di valutazione introdotto dalla Buona scuola prevede un monitoraggio costante e una valutazione dei dirigenti scolastici anche sulla base di questo criterio. Siamo un bel passo avanti rispetto alla discrezionalità. Laddove ci fosse un errore minimo, che l’umano può prevedere, se c’è sistema che controlla, vigila e sanziona c’è tutta la garanzia che le cose funzionino al meglio”.
Però i sindacati non sono d’accordo: “I sindacati fanno legittimamente il loro mestiere. Questo è un cambiamento culturale, che poi non sia gradito a chi è abituato a gestire conservando il vecchio sistema statico è comprensibile”.
Per il ministro dell’Istruzione, quindi, la chiamata diretta rappresenta “una grande innovazione qualitativa: per la prima volta il meccanismo di incrocio tra le aspirazioni degli insegnanti e il criterio di scelta non è basato su un sistema statico e burocratico di punteggi e incroci su una graduatoria fatta da un impiegato ma sulla base delle competenze”.
Il ministro dell’Istruzione non cede quindi di un millimetro rispetto alla linea intrapresa dal suo dicastero a proposito della chiamata diretta: resta ora da capire quanto il piano messo in atto, attraverso le linee guida di fine luglio, sia fattibile dal punto di vista pratico. Soprattutto se reggerà alle ostruzioni di una parte del personale e di quasi tutti i sindacati di comparto.
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