Home Politica scolastica Chiamata diretta: il voto del 19 giugno può dissuadere il Governo?

Chiamata diretta: il voto del 19 giugno può dissuadere il Governo?

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C’è molta attesa per l’incontro di oggi 8 giugno fra Miur e sindacati per trovare una soluzione alla questione della chiamata diretta.

I sindacati sembrano fiduciosi e si aspettano che il sottosegretario Davide Faraone si impegni anche questa volta a trovare un punto di mediazione fra le inevitabili rigidità della legge 107 e la richiesta sindacale di utilizzare le graduatorie per la chiamata dei docenti dagli albi territoriali.
C’è anche chi pensa che – dopo il non brillante risultato elettorale – Renzi e i suoi fedelissimi (Faraone è uno di questi) debbano cercare di correre ai ripari e tentare in ogni modo di recupare terreno quando gli elettori torneranno a votare, fra una decina di giorni.
Il ragionamento non appare però molto solido per un semplice motivo: chi – al primo turno – ha fatto mancare il proprio voto al PD non si farà certamente convincere a cambiare posizione solo perchè nel frattempo il Governo si mostra più disponibile a trattare con i sindacati. Soprattutto coloro che hanno deciso di votare per il M5S non torneranno sui propri passi per una sequenza contrattuale favorevole ai sindacati.
La sensazione è che ormai i giochi siano fatti, e questo Faraone lo sa benissimo e difficilmente mercanteggierà in sede di confronto politico con Cgil, Cisl, Uil e Snals dal momento che neppure un’ampia concessione sulla chiamata diretta potrebbe influenzare il voto in modo significativo.
Ma c’è una possibilità che finora non è stata presa in considerazione e che non va esclusa a priori: e se Faraone annunciasse il proprio impegno a rivedere la questione degli albi territoriali e della chiamata diretta con un emendamento da inserire nella prossima legge di stabilità?  Si tratta di una pura congettura e bisogna aspettare qualche giorno per conoscerne la fondatezza.