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Chiamata diretta: ma che sarà mai?

Ormai le anticipazioni sul ddl che il Governo si appresta a varare si sprecano e diventa davvero difficile discernere fra le voci attendibili e quelle poco credibili.
Anche se, per la verità, alcune ipotesi che stanno circolando appaiono davvero molto aleatorie e di difficile attuazione.
Per esempio, in queste ultime ore, si sta parlando molto della cosiddetta “chiamata diretta”: ma di cosa si tratti con precisione nessuno lo sa dire.
Secondo la “vulgata” che sta andando per la maggiore potrebbe funzionare così: l’organico funzionale sarà dimensionato su una rete di scuole (corrisponde più o meno al territorio d un ex distretto scolasico); ciascun dirigente scolastico potrà scegliere l’insegnante o gli insegnanti che servono nella sua scuola attingendo fra quelli in organico. Ovviamente c’è già chi dice che in tal modo si daranno troppi poteri ai dirigenti, e così via.
Ma in realtà a nessuno è ancora venuto in mente di fare l’osservazione più banale di tutte.
Supponiamo che il ds della scuola X abbia intenzione di chiamare l’insegnante di lettere A.B. e che la stessa idea ce l’abbia il ds della scuola Y. Cosa succederà: l’insegnante andrà nella scuola del ds che per primo lo ha contattato? l’insegnante avrà facoltà di scegliere fra la scuola X e la scuola Y? i due ds si sifderanno a duello nominando come padrino uno dei propri “mentor”?

Insomma, al di lù delle battute, a noi sembra che il meccanismo della chiamata diretta sia di difficile attuazione: si tratta certamente di un bello slogan che può servire ad alimentare lo scontro fra “neo-liberisti” e “statalisti”, ma nulla di più.

Senza però dimenticare che nella scuola statale la chiamata diretta esiste già e non determina nessuna conflittualità sindacale: gli insegnanti di religione cattolica a tempo determinato vengono di fatto scelti dall’ordinario diocesano che si limita a trasmettere i nominativi all’Ufficio scolastico regionale che, a sua volta, ratifica la nomina senza discutere. Non ci risulta che su questo meccanismo i sindacati abbiano nulla da ridire.
Senza dimenticare che verso la metà degli anni ’70 il docente di scuola elementare già in ruolo nella scuola X poteva, con una domanda in carta libera, chiedere al dirigente della scuola Y di essere assegnato ad una classe di tempo pieno e immediatamente veniva spostato di sede. Il meccansimo era stato concordato fra Provveditorati e sindacati per fare in modo che sulle classi di tempo pieno fossero assgnati insegnanti “motivati” all’innovazione. Di fatto era una forma di chiamata diretta su cui nessuno ha mai avuto nulla da ridire.

 

 

Reginaldo Palermo

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