Possibile che nessuno chieda mai: “Caro Giannelli, visto che insiste tanto perché i dirigenti possano scegliersi nella scuola pubblica i docenti che più gli aggradano, ci spiega esattamente in base a cosa, per quale capacità o virtù divina magari infusa da ANP un dirigente – che (forse) è un ex insegnante che ha studiato legislazione scolastica per un concorso (memorabile quello del 2017, vero?) e non è un tuttologo e tanto meno uno psicoterapeuta – avrebbe le ‘competenze’ per scegliere un insegnante di qualunque disciplina e addirittura per valutarne preparazione, ‘motivazione’ e attitudine all’insegnamento? La sola cosa che forse potrebbe valutare è la disponibilità all’ubbidienza. E la formazione aziendalistica identificata con il “longlife learning” che contenuti avrebbe, scelti da chi? Che fine fanno in questa “formazione” totalitaria cultura ed esperienza, che sono le uniche basi su cui può fondarsi il lavoro di un insegnante?”.
Dopo la domanda, una considerazione. Un insegnante che entra a scuola con un concorso pubblico serio e grazie alle proprie capacità non deve ringraziare nessuno; se gli insegnanti venissero assunti dai dirigenti scolastici invece sì, dovrebbero ringraziare eccome. Il punto è proprio questo.
Ci chiediamo perché i dirigenti che amano la scuola non prendano esplicitamente posizione contro la volontà di ridurla a una catena di ubbidienza, che è la negazione di ciò che deve essere, cioè spazio del pensiero e della conoscenza.
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