Nelle ultime ore, a pochi giorni dagli esiti della mobilità straordinaria obbligatoria per i neoassunti della scuola, già in stato da cardiopalma, imperversa una polemica sui social. L’oggetto del contendere è un articolo pubblicato dal blogger del Fatto Quotidiano Sciltian Gastaldi: “Scuola e chiamata (quasi) diretta: i timori immotivati di alcuni prof”.
L’articolo in questione ha sollevato l’ira di molti insegnanti, ovviamente anche la mia, offesi dai toni canzonatori del blogger che, sostenitore entusiasta della L.107/15 e della “chiamata diretta”, nonché docente, tentava di illustrare le motivazioni del diniego dei colleghi per le nuove modalità di reclutamento. Parliamo ovviamente di quella stessa “chiamata diretta”, i cui rilievi di incostituzionalità hanno sostenuto, non a caso, l’intero impianto del referendum abrogativo “buona scuola” alle porte. Per non parlare di una sospensiva già emessa dal Tar del Lazio, il 23 giugno scorso, proprio a ragione della suddetta.
E’ certo vero che la sottoscritta è, uno, un insegnante, due, certo non una fan della 107 al pari del blogger, ma i toni orticanti all’interno dell’articolo, bisogna convenire, sono innumerevoli, e come banalissima, e sempre la stessa, la caricatura della classe insegnante che il rampante giornalista tratteggia dal suo alto podio di lavoratore surfer del modernismo renziano. Fastidiosissima caricatura, costruita ad arte per fare apparire idioti ed infantili “i timori” degli insegnanti in protesta, incapaci di comprendere la portata innovativa della legge a causa di un connaturato provincialismo espresso in modo chiaro dalla loro incapacità di imbastire un curriculum vitae, per esempio. Sto esagerando? Leggete l’articolo.
I timori “immotivati” dei prof, per Gastaldi, sono due: 1) “l’atavico timore italico per la corruzione di chi è chiamato ad assumere decisioni e responsabilità”, smentito, secondo lui, dallo stesso status di ex docente del DS, che lo renderebbe responsabile e dotato di fiuto per i più meritevoli (si sbarazza così della questione); 2) la mancanza di esperienza “nello scrivere un curriculum o una lettera professionale di presentazione”, e questa seconda, credo, non meriti, da parte mia, né commento nè ulteriori dettagli presenti nell’articolo perchè l’argutissima osservazione vi arrivi in modo più esaustivo.
Insomma, non è che adesso bisogna per forza pretendere onestà intellettuale da parte di coloro che arrivano a ritagliarsi qualche ruolo negli spazi angusti della comunicazione, mi pare sia ormai una pretesa priva di speranze, ma aspettarsi da un collega quel dovuto rispetto, che da troppo tempo è stato sottratto alla classe insegnante, penso sia richiesta ancora dotata di una certa legittimità.
Ma è così, ai tempi del renzismo sono stati sdoganati definitivamente tutti gli argomenti denigratori, su impiegati pubblici e insegnanti, cari alle destre: fannulloni, statalisti, sindacalizzati, provinciali privi di una qualche significativa esperienza lavorativa self-made man in grado di allargarne la visione. E su quest’ultimo punto aggiungerei che “visione allargata” significa per Gastaldi, che vanta a destra e a manca esperienze nel privato terrificanti e prive di tutele, viaggi e sacrifici per affermarsi, essere ormai pronti a tutto, per sopravvivere al mercato globale, e che perdio anche il pubblico vi si adatti!
E va beh, allora il tema della flessibilità e di una progressiva deregulation del mercato lavoro, anche nel pubblico, si trasforma magicamente in una flessibilità dell’anima e della volizione, come virtù che va praticata finalmente per svecchiare.
E io non sono d’accordo Gastaldi, e come me molti colleghi, e dirò brevemente perchè, soprattutto ad onor del vero rispetto “ai timori ingiustificati” da te tratteggiati per denigrare questi poveri idioti così avulsi da spirito di iniziativa e versatilità.
Perchè siamo contrari alla chiamata diretta? Ecco, già qua si sbaglia. Perchè noi non siamo contrari alla chiamata diretta di per sé (come a essere valutati, del resto), ma a un sistema di reclutamento, come quello tratteggiato dalla 107, che è solo una leva per meglio gestire anche nel pubblico quel processo di progressiva precarizzazione del mercato del lavoro (e che utilizza, da sempre, come si dice dalle mie parti, “ la carota davanti al ciuccio”). Organico di potenziamento (posti di lavoro decisi in modo occasionale dagli istituti), incarichi triennali, una titolarità diffusa su ambito, insieme alla chiamata diretta, per noi non sono solo un pungolo in grado di far lavorare di più i fannulloni (argomento “de panza”, vox populi ), o migliorare la qualità della classe docente, ma quell’inizio di cedimento, anche del pubblico, a quel mercato del lavoro da sciacalli che tu tanto ti sei prodigato a denigrare. Certo, nessuno sta dicendo che verremo a breve tutti licenziati, ma che si intravede nella 107, chiaramente, una direzione poco entusiasmante. Ecco, chi non capisce questo o è un ingenuo o è un complice. E un insegnante non dovrebbe essere né l’uno e né l’altro. Altro che curriculum vitae.