Chiedere scusa e ricominciare da tre: ascolto rispetto e partecipazione. Una proposta valida in pedagogia così come in politica.
Nel primo caso infatti si tratta dei comportamenti che ogni insegnante vorrebbe vedere nei propri allievi: il fatto che ascoltino con attenzione ciò che dice l’insegnante e lo rispettino è infatti la base fondamentale di ogni attività scolastica, sia che la si voglia svolgere con modalità tradizionali, sulla base di lezioni frontali e trasmissive, sia nel caso in cui si voglia adottare una didattica più innovativa e basata sulla partecipazione attiva degli studenti. In questo secondo caso ovviamente il terzo elemento diventa determinante, ma d’altra parte anche durante le lezioni frontali trasmissive si vede positivamente il fatto che gli studenti facciano domande e intervengano in modo pertinente.
Chiedere scusa quando si sbaglia è poi una caratteristica sempre molto apprezzata.
Il fatto di avere allievi che chiedono scusa quando vengono sgridati invece di reagire aggressivamente cambia completamente la vita della classe.
Per ottenere tutto ciò l’esempio dato dell’insegnante stesso è fondamentale. Quello che si chiama modelling svolge un ruolo determinante: un insegnante dotato di capacità di ascolto che si comporta in modo rispettoso verso gli studenti e che organizza l’attività di classe in modo da favorire la partecipazione, partecipando egli stesso alle attività che propone e che sa chiedere scusa quando sbaglia, costituisce una testimonianza fondamentale.
Questa testimonianza pone le basi per ciò che viene definita autorevolezza e che rende superflui, nella maggior parte dei casi, gli atteggiamenti autoritari e i provvedimenti disciplinari, grazie alla fiducia che gli studenti acquisiscono nei confronti dell’insegnante.
Spesso la pedagogia potrebbe essere un riferimento anche in politica, dove invece vediamo spesso il prevalere di considerazioni di tipo economico e la disattenzione verso altri aspetti dell’esistenza umana.
In politica chiedere scusa e ricominciare dall’ascolto, dal rispetto e dalla partecipazione potrebbe essere determinante e di estrema importanza per uscire da una situazione molto pericolosa, caratterizzata da alcuni aspetti inquietanti: il ritorno dei nazionalismi, la fine del progetto europeo e finanche la negazione di diritti umani fondamentali, come il diritto alla vita e alla conduzione di esistenze dignitose, negando l’umanità di persone di diversa provenienza etnica e culturale.
In sostanza siamo di fronte al rischio della fine del moderno concetto di democrazia, come sta già avvenendo in alcuni paesi dell’est europeo.
Di fronte a questi pericoli le forze che si dicono democratiche hanno evidentemente e grossolanamente sbagliato. Basti osservare cosa sta succedendo in Francia, con i gilet gialli, e cosa è successo nelle ultime elezioni italiane, dove il Partito Democratico è stato clamorosamente sconfitto e la riflessione al suo interno sembra essere completamente impantanata
Anche in questo caso si tratterebbe di cominciare a chiedere scusa.
Chiedere scusa a quegli oltre 600 mila lavoratori della scuola che nel 2015 hanno manifestato contro la legge sulla scuola di Renzi, dopo aver visto rifiutato ogni tentativo di dialogo e dopo aver visto ignorato il risultato dei questionari proposti on-line dal governo con lo slogan: “La scuola non la cambia un governo ma un paese intero”.
Chiedere scusa a quei lavoratori che dopo anni di lotte per la difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori lo hanno visto cancellato da un governo che pensavano amico.
Chiedere scusa a tutti quei cittadini che si aspettavano un vero cambiamento per un miglioramento del paese basato su snellimento della burocrazia, giustizia più veloce e lotta più efficace contro corruzione e criminalità e invece hanno visto persone inquisite per corruzione sostenere il governo.
Chiedere scusa a tutti quei cittadini che credono all’Europa unita come elemento indispensabile per mantenere condizioni di pace, democrazia e benessere, ma non hanno visto fare nulla per chiedere con decisione una vera unità in situazioni che avrebbero richiesto una compatta solidarietà, come l’arrivo dei migranti o come il caso di Giulio Regeni.
Chiedere scusa a tutti quei membri del Partito Democratico che sono stati espulsi perché erano portatori di idee dissenzienti, non hanno accettato uomini e linee imposte centralmente e chiedevano un confronto democratico.
E dopo aver chiesto scusa, ricominciare da tre:
1 – l’ascolto, perché solo con un atteggiamento di ascolto è possibile comprendere quali sono i bisogni degli altri
2 – il rispetto, perché anche quando si è convinti di avere assolutamente ragione occorre ricordarsi che le idee migliori emergono dal confronto, dalla sinergia delle idee e da un atteggiamento di considerazione positiva delle altre persone, quindi da una relazione non basata sull’arroganza e il senso di superiorità, ma sulla capacità di considerare ogni altra persona portatrice di istanze e di idee che possono essere utili e importanti, soprattutto quando si è di fronte a movimenti di decine o centinaia di migliaia di persone come nel caso della riforma della scuola o come nel caso del TAV, nei quali un atteggiamento di rifiuto al confronto ha determinato il crollo dei consensi
3 – la partecipazione, riaprendo quei luoghi di confronto democratico nei quali ascolto e rispetto possano davvero realizzarsi e nei quali la costruzione di un progetto possa diventare realmente il frutto di una partecipazione collettiva e di una costruzione condivisa.
Genuinità, empatia e considerazione positiva sono tre elementi identificati nella pratica psicoterapeutica e nelle ricerche di Karl Rogers come indispensabili per il successo degli interventi. Elementi che suggerisce anche al di fuori dall’ambito psicoterapeutico. Strettamente connessi a quelli fin qui esposti sono sicuramente utili a scuola e probabilmente anche in ambito sociale e politico.
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