Sono madre di uno studente di sedici anni e insegno nel Liceo Scientifico Aristotele di Roma.
Come moltissimi miei colleghi ho dedicato gran parte della mia vita alla formazione delle studentesse e degli studenti cercando di fare il meglio che ho potuto e che posso.
Riconosco che come generazione forse avremmo dovuto impegnarci di più per lasciare ai nostri figli una maggiore speranza di futuro, combattendo con più determinazione affinché le tante ed endemiche disfunzioni del nostro sistema scolastico venissero risolte dalla politica prima che esplodessero in modo così eclatante in questo momento di crisi sanitaria.
Tuttavia affermo anche con convinzione che la scuola italiana è stata costantemente umiliata da Riforme che hanno indebolito nella sostanza il principio costituzionale del diritto allo studio. Un esempio per tutti: le cosiddette “classi pollaio”. Nelle scuole italiane la legge dello Stato sancisce che il numero degli studenti sia di fatto elevatissimo (28 e anche oltre). Provvedimenti di questo tipo esprimono una grave disattenzione della politica verso la formazione delle nuove generazioni, poiché in tali condizioni il diritto allo studio è solo formale (accesso fisico alle aule) e non sostanziale (crescita culturale e umana dei futuri cittadini).
Il mostro pedagogico delle classi pollaio è l’esempio lampante che dimostra come l’istituzione scolastica italiana sia stata bloccata e condizionata dalle compatibilità economiche e dal profitto, invece di essere considerata il luogo privilegiato in cui formarsi democraticamente e pluralisticamente. Vere leggi di riforma della scuola avrebbero dovuto lanciare un nuovo modello organizzativo invece di erigere a sistema una modalità palesemente peggiorativa come quella delle aule sovraffollate che ha implicato anche il taglio degli organici.
Contro leggi di riforma come queste abbiamo lottato, scioperato, ci siamo opposti, ma si sa che in democrazia il governo che ha la maggioranza approva le leggi che propone nonostante qualsiasi protesta.
Ma ora le conseguenze negative di politiche scolastiche dissennate fatte di tagli economici ed inadempienze si stanno rivelando in tutta la loro drammaticità, poiché l’emergenza sanitaria sta facendo emergere ben più della punta dell’iceberg.
Chiedo quindi alla classe politica di considerare la scuola una priorità e non un accessorio inutilmente dispendioso che si devasta con tagli economici o di cui ci si ricorda solo in campagna elettorale.
Chiedo alla classe politica di attuare finalmente politiche virtuose che assegnino fondi adeguati a garantire alle studentesse e agli studenti un’alta formazione che consenta loro di esprimere le proprie potenzialità.
Chiedo alla classe politica di avere la lungimiranza di capire che ogni sforzo intellettuale, umano ed economico speso per migliorare i percorsi formativi dei nostri ragazzi significa investire sulla crescita e sul futuro del Paese.
E il primo passo di una rinnovata volontà politica sarebbe quello di creare al più presto le reali e concrete condizioni affinché tutte le studentesse e tutti gli studenti possano ritornare a scuola in presenza e in sicurezza.
Cinzia Bifarini