E’ questa la pressante dibattuta questione agitata dalla parlamentare 5 stelle Silvia Chimienti, proprio uno dei provvedimenti più discussi del DdL sulla scuola in discussione ora al Senato: la chiamata diretta dei docenti.
Che non è un’assoluta novità. Tutti ricordano che qualche anno fa Valentina Aprea aveva tentato di introdurre la chiamata diretta nel sistema scolastico lombardo, ma era stata cassata da una sentenza della corte costituzionale del 2013 la quale stabiliva che nel pubblico impiego la chiamata diretta è incostituzionale. Serve forse sapere che il redattore della sentenza fu addirittura il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Eppure lo spettro si ripresenta. Docenti più “bravi” che lavoreranno al liceo classico dei Parioli, mentre quelli considerati “peggiori” probabilmente finiranno ad insegnare negli istituti tecnici di periferia o in contesti difficili e svantaggiati. E i docenti che resteranno senza nessun tipo di proposta lavorativa nel loro ambito territoriale che fine faranno? Che sistema folle è questo?
Il progetto però è ben chiaro. Introdurre la chiamata diretta sotto il ricatto delle assunzioni. Questo anche se la Commissione Cultura, come rivela la Chimienti, non era d’accordo con tale provvedimento.
“La scuola non è vostra e la scuola vi sta chiedendo di non introdurre la chiamata diretta”. Vox clamans in deserto. I miseri giochi della politica di cui la scuola è vittima, fortunatamente (ma non sappiamo se sia una grande consolazione) consapevole, continuano. Speriamo bene in Senato.
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