Tra le tante cose che alla Buona scuola che ci aspetta non interessano c’è anche una delle cenerentole della scuola italiana: l’idioma di Roma antica.
Sono stati infatti bocciati gli emendamenti proposti dalla parlamentare 5 stelle Silvia Chimienti per ripristinare le antiche ore di latino nei licei, devastate dalla riforma Gelmini.
Il bello è sentire le motivazioni di tale bocciatura. Faraone si è giustificato dicendo che è inutile inserire il latino (nel calderone delle decine di insegnamenti del potenziamento dell’offerta formativa previste all’art.2 del ddl) perché “già si fa, il latino”.
Sono state queste le testuali parole del sottosegretario all’istruzione.
Commenta la Chimienti: “Internet, inglese e impresa però ci sono. Come voleva Berlusconi. Come vuole Confindustria. Anzi, c’è anche l’apprendistato fin dai 15 anni per assolvere l’obbligo formativo. La manodopera a costo zero è servita.”
Scriveva tempo fa il prof. Giorgio Israel:“È una visione economicistica insofferente delle perdite di tempo. Basta con i lunghi “parcheggi”, tagliamo la durata della scuola, eliminiamo le materie che non “servono” (latino, greco, filosofia), costringiamo i ragazzi a scegliere quel che faranno nella vita il prima possibile, meno letteratura che sia possibile (fino al recente demenziale progetto di insegnare una materia in inglese alle elementari), tanta informatica e così via. Su questo fronte la scuola berlusconiana delle tre “i” (internet, inglese, impresa”) ha vinto su tutta la linea, divenendo un punto di riferimento politicamente trasversale. La scuola deve essere un mero luogo di formazione di addetti all’impresa e, visto che l’Italia ormai non ha quasi più grande impresa ad alto contenuto scientifico-tecnologico, è facile intendere quale sia il modesto livello che si richiede.”
Un mero luogo di formazione di addetti all’impresa. Tanto il latino già si fa. E’ lì agonizzante da tempo che aspetta solo il colpo di grazia. Sarà Renzi il boia?
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