Il 7 e l’8 novembre è stato vissuto il primo fine settimana di chiusura nelle zone rosse, con un sovraffollamento abnorme nei parchi cittadini e nei sentieri collinari delle grandi città, che potrebbe indurre di nuovo a chiuderli, come è già avvenuto nel lockdown della scorsa primavera.
Ci si chiede se tantissima gente presente in questi spazi aperti possa determinare un rischio dal punto di vista del contagio, ma ci si deve anche chiedere se la presenza di queste persone non sia determinata dalla consapevolezza che svolgere attività motoria e sportiva all’aria aperta costituisca un fattore di protezione importante dalle infezioni virali, oltre che per il benessere psicologico, comunque importante anche per il sistema immunitario.
Un’ulteriore domanda strategica è però relativa alla chiusura dei confini comunali.
Se agli abitanti delle grandi città viene infatti impedito di frequentare i sentieri di montagna, le spiagge e la campagna circostante la città, è evidente che centinaia di migliaia di persone si riversano in spazi all’aperto che non sono sufficienti ad accoglierli.
Si arriverà quindi di nuovo a chiudere i parchi cittadini e rinchiudere le persone in casa, aumentando la rabbia e la frustrazione nei confronti dell’inettitudine di chi non ha predisposto i piani covid, non ha organizzato i trasporti pubblici provocando la chiusura delle scuole, non ha organizzato la medicina territoriale, come i medici chiedevano fin dai primi mesi della pandemia?
L’incapacità di chi doveva occuparsi dell’organizzazione e non l’ha fatto non può ora ricadere sulla popolazione, portando di nuovo ad aumentare il disagio fisico e psicologico, oltre che i sentimenti di avversione verso i responsabili del disastro.
Ora i medici stanno chiedendo il lockdown nazionale.
Tutta l’Italia potrebbe a giorni diventare quindi zona rossa: di nuovo chiusi in casa per diversi mesi.
Si spera che il comitato tecnico scientifico e i decisori politici valutino la necessità di permettere spostamenti all’interno delle regioni per lo svolgimento di attività sportive, considerando che una famiglia che si sposta sulla propria auto e va a percorrere un sentiero fuori città, a distanza anche di decine di metri da altre famiglie, non può certo costituire un pericolo dal punto di vista del contagio.
Si spera che sia chiaro a chi deve prendere le decisioni, che la norma di chiusura dei confini comunali, oltre a costringere a volte a spostamenti anche superiori a quelli che si compiono spostandosi nel comune limitrofo per fare la spesa, può costituire un ostacolo a pratiche sportive importantissime per il mantenimento della salute psicologica e fisica delle persone.