“Chiudere le scuole è la scelta più rapida e più facile ma solo perché è la meno costosa in termini immediati: prova ne sia la rapidità con cui si decide oggi di chiudere la scuola contro quella con cui si è deciso di chiudere le discoteche”.
In sintesi, questo è il contenuto di un articolo su Vita.it su quale si legge pure: fa “benissimo la ministra Azzolina a ricordare a tutti e con ostinazione che «il Paese è a credito con la scuola» e con i nostri figli.
«Ancora una volta la scuola è la prima a essere sacrificata per mascherare incapacità e debolezze sulle politiche dei trasporti, della salute, dell’assetto urbano dei nostri territori. Le politiche per la scuola, per l’educazione, per il contrasto alla dispersione ancora una volta sono considerate accessorio del Paese e non invece come presupposto al suo sviluppo e la rimozione delle disuguaglianze, l’esercizio dei diritti, la costruzione di un’economia giusta e responsabile. Chiudere le scuole, soprattutto in una regione come la Campania attanagliata dal fenomeno diffuso e denso della povertà educativa, è colpevole e irresponsabile. È come se non si riconoscesse la scuola come primo attore, pubblico e repubblicano, della nostra democrazia. Chiudere le scuole è offesa alla Costituzione. Bisogna riaprire la scuola in Campania e investire da subito almeno il 15 per cento delle risorse strutturali e europee a sostegno di un grande piano strategico nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e per combattere la povertà educativa».
E di fronte alle richieste di chiusura dell’istruzione, viene specificato, la camorra e il suo sistema non hanno mai chiuso e mai lo faranno, e basta uno sguardo in alcuni dei rioni di Napoli dove la droga prospera, tra commercio al bancone e un servizio di delivery senza concorrenti: «Chi non capisce che un patto educativo per Napoli è necessario e fondamentale è fuori dalla realtà, impegolato nei suoi interessi di potere, nella sua voglia di comodità o peggio ancora nell’indifferenza».
E se in apparenza si dà per scontato che chiudere le scuole sia la scelta più indolore, i numeri dicono cose diverse come la constatazione che i contagi avvenuti davvero dentro le scuole sono pochissimi in percentuale. E allora “se il problema è fuori, è ovvio che la situazione del bambino della primaria che nel paesino di provincia va a scuola a piedi per mano alla mamma è totalmente diversa da quella del sedicenne ammassato sull’autobus in città.
In conclusione, invece di fare facile demagogia e puntare sulla chiusura delle scuole, che rimane la scelta più facile per la politica, bisogna “ragionare non per dati aggregati, ma iniziando a fare confronti, ipotesi, trovando correlazioni. Possiamo sapere quanti positivi ci sono nelle scuole dell’infanzia (dove le mascherine non sono obbligatorie). Potremmo capire il trend dei positivi e delle quarantene nelle scuole superiori distinguendo tra piccole scuole di collina e scuole di grandi città dove i trasporti sono numerosi. Potremmo capire se e come le scuole impattano sui contagi e persino avere delle contezza indirette sui trasporti, l’età , eccetera… Questi dati ci sono, basta solo elaborarli”.
E tirando “fuori questi dati, chiediamoci se tutti abbiamo fatto tutto il possibile per prepararci a un nuovo periodo in DAD ma anche a recuperare quanto sappiamo in questo modo i nostri figli perderanno. Perché un costo c’è”.
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