A causa della chiusura delle scuole per pandemia, diverse organizzazioni internazionali ne hanno sottolineato gli effetti negativi, perché avrebbe ampliato il divario fra i bambini provenienti da famiglie povere e da contesti fragili e gli altri ragazzini. Questo perché le due modalità di insegnamento, a distanza e in presenza, come ormai è ampiamente noto, non sono egualmente efficaci.
Tuttavia, a questo punto, si rende necessario “misurare la perdita delle competenze dovuta alla chiusura delle scuole” per la definizione di interventi che mirino a mitigarne le conseguenze.
Queste premesse sono state il motivo per il quale sono stati messi a confronto i test standardizzati, ripetuti nel tempo, con quelli effettuati subito dopo i mesi di lezioni perdute in presenza, recuperati però con la Dad.
E allora, scrive Lavoce.info, “per la prima volta in Italia, in un nostro recente progetto, guidato dall’Università di Torino, ha stimato l’impatto della chiusura delle scuole durante la primavera 2020 sugli apprendimenti in matematica nella scuola primaria.
Dopo avere spiegato le modalità, assolutamente scientifiche, dei test per misurare la perdita di apprendimenti tra i bambini, Lavoce.info scrive che “A seguito della chiusura della scuola causata dalla pandemia i bambini e le bambine della coorte Covid hanno perso in media 0,19 deviazioni standard rispetto alla coorte precedente, una perdita equivalente a circa quattro mesi di scuola”.
“Il danno maggiore in termini di apprendimento è stato sperimentato da bambini e bambine con genitori non laureati e rendimenti scolastici superiori alla media (fino a -0,51 deviazioni standard per i bambini più bravi). Hanno perso di più in termini di apprendimento anche le figlie femmine di genitori senza una laurea (-0,30 deviazioni standard). Un’ipotesi è che questi bambini e bambine siano quelli che traggono maggior beneficio dagli stimoli offerti dalla scuola in situazioni normali. Tenendo conto del contesto si può verosimilmente supporre effetti negativi ancora più forti in zone con minore disponibilità di strumenti digitali e connessione in banda larga (per esempio zone rurali, montane, o alcune parti del Sud d’Italia)”.
E ancora, spiega Lavoce.info, i risultati mostrano chiaramente “come la scuola in presenza svolga un ruolo centrale sia nel processo di apprendimento sia nella riduzione delle disuguaglianze educative. Una perdita di apprendimento si traduce in minor capitale umano e sociale a livello individuale nel medio-lungo termine, con effetti nel mercato del lavoro, in termini di occupazione, salario, produttività con possibili effetti negativi intergenerazionali”.
Da qui la conclusione dello studio che non lascia alternative: “La chiusura della scuola primaria dovrebbe perciò essere considerata l’ultima ratio per il contenimento della pandemia. In vista del ritorno in aula a settembre, il governo dovrebbe dare priorità alla sicurezza delle scuole e ai trasporti, per assicurare un rientro normale e non a singhiozzo”.
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