La chiusura delle scuole, con i dati attuali, non rappresenta una strategia utile per contenere la mortalità da coronavirus in quanto i bambini si infettano principalmente nel nucleo familiare e non con i loro coetanei. Così Susanna Esposito, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Parma, autrice di un editoriale sulla rivista JAMA Pediatrics.
Secondo quanto segnala l’Ansa, i bambini sotto i 10 anni di età costituiscono appena l’1% dei casi di COVID-19 e il totale dei casi di infezione da SARS-CoV-2 nei bambini sembra ben più basso rispetto a quanto ci si aspetterebbe in base al tasso di trasmissione del virus.
Diversi studi hanno, inoltre, mostrato che tenere chiuse le scuole non ha grande rilevanza sulla dinamica di diffusione del virus, né sulla riduzione dei decessi.
“Allo stato attuale – ribadisce la Esposito – laddove la diagnosi dell’infezione sia effettuata prontamente, la chiusura delle scuole non rappresenta una strategia utile per contenere la diffusione di SARS-CoV-2″, e bisogna pensare al più presto a strategie per riaprire in sicurezza: gli insegnanti dovranno avere le mascherine, il numero di alunni nelle classi – se le dimensioni dell’aula non sono adeguate – andrà ridimensionato, si dovrà puntare alla formazione degli alunni sulle corrette misure di igiene e comportamento, non con una lezione una tantum ma con una vera formazione continua; bisognerà favorire una organizzazione che preveda il distanziamento e, procedere semmai alla chiusura di singole classi o scuole” in caso di un focolaio.
“Inoltre, visto che l’estate è ormai alle porte – afferma Esposito – vanno pensati il prima possibile dei centri estivi che, pur riducendo l’attività di gioco, permettano attività di gruppo in sicurezza”.
Il danno causato dalla chiusura delle scuole è rilevante a più livelli: economico se impedisce ai genitori di lavorare, di salute se, come è avvenuto nelle prime due settimane di chiusura delle scuole in Italia, i bambini vengono affidati ai nonni che sono ad alto rischio di sviluppare la malattia in forma grave.
Il danno è anche formativo, ma anche umano, conclude l’esperta: “In un’indagine che stiamo conducendo su oltre 2000 adolescenti italiani di 11-18 anni si vede che a circa 2 su 3 manca la scuola e il contatto con i coetanei e che molti stanno sviluppando comportamenti, come disturbi alimentari o crisi di pianto e sintomi da affaticamento, compatibili con un quadro depressivo”.
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