L’insegnante e scrittore Christian Raimo ripercorre con ‘La Tecnica della Scuola’ i motivi che hanno portato l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio a sanzionarlo con tre mesi di sospensione e a dimezzargli lo stipendio. La decisione dell’Usr è giunta a seguito delle sue parole pronunciate contro il ministro Giuseppe Valditara e ritenute evidentemente eccessive considerando il suo ruolo di dipendente pubblico: in particolare, Raimo tra le altre cose aveva detto che il Ministro è un bersaglio da colpire come si colpisce la Morte nera di Star wars.
“Quelle dichiarazioni – ha dichiarato ai nostri microfoni – sono state molto manipolate. Diciamo che se devo essere più chiaro, lì c’erano delle critiche alle politiche del Ministero e del Governo ma non delle critiche personali. E c’era una proposta politica, cioè una manifestazione per la scuola: quelle proposte politiche sono state prese per un insulto e una minaccia. Soprattutto è stato determinato dal fatto che il giornalista non ha riportato tutto, ha tagliato molti pezzi, così quelle parole sono risultate fuori contesto”.
“Mi dispiace per il merito del discorso che ho provato a fare: le politiche del governo e di Valditara non mi piacciono e sono appunto da contestare, perché ci sono una serie di cose di queste politiche scolastiche che per me sono pessime: l’accorpamento delle scuole, la formazione degli insegnanti spesso squalificata, il ritorno delle dei giudizi sintetici e dei voti di fatto, l’insistenza sulla canalizzazione precoce, l’idea di mettere un bonus di 1.500 euro per le paritarie. Quindi, c’è tutto un disegno, un’ideologia ben precisa, non soltanto di questo governo, ma anche dei precedenti: per me questo vuol dire rischiare di distruggere quello che c’è di buono nella scuola pubblica”.
Cosa si aspetta adesso Christian Raimo? Quale messaggio vuole dare ai colleghi insegnanti: di fare attenzione nell’esprimersi oppure la libertà di pensiero, la libertà di espressione, deve rimanere sempre tale e quindi non sentirsi in qualche modo condizionati?
Secondo Raimo “quelle che sono delle emozioni di rabbia e di paura possono diventare delle forme di protesta collettiva: ci sono luoghi di mobilitazione, come le assemblee sindacali, i collegi dei docenti, i consigli di classe e di dipartimento, cioè dei luoghi di confronto, di protesta di mobilitazione che penso vadano resi vivi. Perché si possa uscire appunto da un senso, come dire, di frustrazione e di solitudine, quindi anche di paura di esprimersi e invece si possa trovare un confronto collettivo”.
Quindi ribadisce che era solo questo quello che ha “provato a dire: forse ho sbagliato i toni in quel contesto lì, era quello che ho provato a dire anche in quella in quella festa di alleanza per la sinistra che ha fatto scaturire tutto”.
Infine, Raimo ritiene che sia “giusto parlare di chiarezza e dialettica: io quando insegno Socrate a scuola comincio a ragionare intorno alla dialettica, al dialogo, alla contestazione. Con Socrate c’è il botta e risposta, c’è il macrologio cioè appunto la capacità retorica di dire delle cose più lunghe. Ci sono tanti modi e penso che il modo più giusto sia non soltanto però saper dire le cose, ma anche saperle ascoltare: in quel caso i giornalisti l’hanno ascoltate male e a ruota molti altri hanno riportato male, quindi diciamo che più è aggressività diplomazia direi che occorre chiarezza e rispetto al confronto”.
Cosa accadrà adesso? “Dipenderà dal processo. Chiaramente non è solo un caso personale: penso anche a questo codice etico, insomma bisognerà ragionarci sopra per rispondere al bisogno di rendere la classe docente una classe più professionale”.
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