Quanti convegni, in passato, sull’emergenza ambientale. Più o meno efficaci. In questi giorni, poi, ci sono state le marce dei giovani, a livello planetario. Dell’ecologia, scrisse anche papa Francesco in un’enciclica famosa e, da ultimo, ne ha parlato il nostro presidente (“Siamo alle soglie di una catastrofe ecologica”). Ma, non dimentichiamolo. A muovere il mondo è stata una ragazzina svedese, Greta Thunger. Ella, dalla scorsa estate, protesta ogni venerdì, di fronte al parlamento di Stoccolma, contro la minaccia della distruzione del pianeta. Colpiti dalla sua tenacia, milioni di persone sono scese in piazza.
In tal modo, tutti hanno compreso che il mondo appartiene veramente a chi possiede una grande idea, una passione profonda, una speranza indomabile. Ma c’è un’altra cosa che è necessario non dimenticare. La catastrofe ecologica non marcia da sola. E’ un cavallo che corre, in questi tempi, assieme al suo gemello: quello della guerra planetaria e della distruzione nucleare. Lo so. A queste affermazioni, noi rispondiamo sempre con un retropensiero di bugiarda saggezza, che viene spacciata come ottimismo. Ma che è, in realtà, solo un meccanismo di difesa, dettato dal desiderio di salvaguardare la nostra tranquillità.
Ed il pensiero è questo: Per quanto riguarda il nucleare, tutti sanno che non conviene usarlo se si vuole evitare che gli altri distruggano anche noi. Ebbene, questo tipo di saggezza, conosciuto come strategia della tensione, in passato non ha mai funzionato.
E’ risaputo, infatti, che, a metà degli anni ottanta, l’umanità ha schivato, per un pelo, una guerra nucleare (data ormai come probabile da tutti gli osservatori), solo perché, nel maggio del 1984, esplose, all’improvviso, il più importante arsenale sovietico di armi, situato in Scandinavia, nella penisola di Kola, tra il mare di Barents ed i Mar Bianco, con centinaia di morti. Il crollo inaspettato dell’URSS, nel 1989, dipese anche da questo. E se credete che la paura reciproca possa garantire la pace, spiegatemi allora perché, dopo la prima guerra mondiale (1914-18), che aveva causato circa dieci milioni di morti, oltre alla scia dell’influenza spagnola che provocò altri venti milioni di vittime, abbiamo atteso appena venti anni per scatenarne una seconda (1939-45), con il corollario di lager e gulag e circa sessanta milioni di morti. Morale della favola. La nostra saggezza, per quanto riguarda la pace ed il benessere del pianeta, non è mai stata preventiva, cioè anteriore agli eventi, basata su progetti atti a scongiurare guerre e catastrofi naturali, ma è stata sempre e solo riparatrice, posteriore alle distruzioni.
Il più grande ammonimento viene a noi da quel secolo che proietta, purtroppo, una luce sinistra su tutta la storia umana: il Novecento. Era iniziato con la “Belle epoque”, quindici anni di esaltazione per quello che si annunciava come il periodo del progresso e della tecnologia. Sentimento espresso nella costruzione della Tour Eiffel e nello scatenato ballo del Can can, in cui le ballerine muovevano le gambe imitando il movimento di chi sale una scala. Tale gesto simboleggiava l’ascesa inarrestabile dell’umanità. In effetti, tutto sembrava andare in quella direzione.
Gli storici affermano che nei primi anni del Novecento, l’Occidente aveva raggiunto un benessere economico paragonabile a quello attuale. Invece … La Grande guerra mise fine al delirio. Io ritengo che non possiamo fidarci molto degli uomini e, tantomeno, degli statisti. Riempiono gli arsenali di armi, con la scusa che devono difendersi e, prima o poi, finiscono per usarle. Ma, nella storia, c’è un’altra cosa che mi preoccupa. Noi uomini soffriamo di una sindrome che, in psicologia, viene chiamata “spazio ludico”.
Avete mai osservato i bambini quando, sulla spiaggia, edificano castelli di sabbia e poi, con la stessa soddisfazione, li abbattono. Lo fanno per rimarcare un dominio incontrollato su quella porzione di realtà. E noi adulti, non siamo forse degli inguaribili bambini che per anni, con sudore e fatica, costruiscono sistemi di civiltà raffinata, per poi distruggere tutto, in un attimo, pigiando un pulsante?
Luciano Verdone