"La scuola è l’istituzione della Repubblica che più direttamente aiuta a costruire il futuro della Nazione nella pace e nel progresso. La conoscenza, il dialogo, la pratica delle virtù civili sono la difesa più forte della nostra civiltà": lo ha ribadito ieri il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel discorso di apertura dell’anno scolastico tenuto a Roma nella suggestiva cornice del Vittoriano.
"Gli italiani – ha proseguito poi Ciampi – riconoscono il valore eccezionale del lavoro di chi opera nella scuola, a tutti i livelli".
Ma a dire il vero, nel suo discorso di fronte a d una folla di studenti e insegnanti, il Presidente della Repubblica ha passato in rassegna i molteplici temi che in questo momento stanno animando il dibattito nel mondo della scuola.
Non poteva mancare – fin dall’apertura del discorso – il ricordo della terribile tragedia dell’11 settembre: "La giovinezza della mia generazione è stata segnata da immagini come queste. E’ quella terribile realtà che ci ha spinto e ci spinge all’affermazione e alla difesa della libertà e della democrazia nelle nostre Nazioni; alla partecipazione attiva alla costruzione e alla vita delle istituzioni internazionali; alla solidarietà verso i popoli meno fortunati".
Ampi sono stati i riferimenti all’Euro ma soprattutto alla vocazione europea dell’Italia che Ciampi ha fatto risalire a Giuseppe Mazzini che aveva fondato al tempo stesso "Giovine Italia" e "Giovine Europa", a Garibaldi che aveva combattuto per la libertà dell’Italia ma anche in America e a Cavour e Massimo D’Azeglio, "statisti e intellettuali con visione europea".
E parlando della nuova moneta europea, Carlo Azeglio Ciampi ha dichiarato: "l’euro è la vostra moneta, ragazzi. E’ il risultato di un lavoro che i vostri nonni e i vostri padri hanno fatto per costruire un’Europa migliore. E non dimenticate quanto vi chiesi lo scorso anno: aiutate i vostri nonni, i vostri genitori, a imparare l’uso dell’euro".
Gran parte del discorso Ciampi l’ha però dedicata alla scuola; rivolgendosi direttamente agli insegnanti il Presidente ha sottolineato: "Siate consapevoli delle vostre responsabilità, del prestigio che avete tra le famiglie, dell’affetto dei vostri alunni, della stima profonda, della gratitudine degli italiani. L’ho detto l’anno scorso e lo ripeto oggi con convinzione: gli operatori della scuola, della conoscenza sono alla base del nostro benessere, della nostra crescita economica e sociale".
Studiare la nostra storia, conoscere i nostri monumenti, le istituzioni della Repubblica, seguire i lavori del Parlamento, come della propria Regione, Provincia, Comune: è questa – secondo Ciampi – l’educazione civica, "non una materia fra le tante, ma il maturare in noi di un metodo di vita in comune".
Ma "in questo campo – ha ammonito il Presidente – la scuola può fare di più".
L’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica rende noto il testo dell’Intervento del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico 2001/2002
Cari ragazze e ragazzi, cari insegnanti, eccoci riuniti, a un anno di distanza, per dare insieme inizio ad un nuovo anno scolastico.
Questo incontro con Voi, qui all’aria aperta, su questa magnifica terrazza, vedendo in Voi tutti i ragazzi d’Italia, è per me un momento atteso e gratificante. Il ritorno annuale a scuola segna il ritmo della Vostra crescita, del Vostro divenire adulti.
So bene che Vi siete alzati questa mattina con un misto di stati d’animo: la nostalgia delle vacanze, la gioia di ritrovare i compagni di scuola, il rivedere – per lo più con affetto, ammettetelo – i Vostri insegnanti.
Ma su questo stato d’animo, ricorrente ad ogni ripresa della scuola, domina oggi un sentimento di orrore e di sdegno. Pochi giorni fa, l’11 settembre del 2001, data che non dimenticheremo, siamo rimasti tutti per ore davanti ai teleschermi a guardare attoniti e sgomenti le immagini terribili dell’attacco portato all’umanità dai terroristi che hanno colpito New York e Washington. Immagini di guerra. Migliaia e migliaia di innocenti uccisi, cittadini americani e di ogni parte del mondo, anche italiani.
La giovinezza della mia generazione è stata segnata da immagini come queste. E’ quella terribile realtà che ci ha spinto e ci spinge all’affermazione e alla difesa della libertà e della democrazia nelle nostre Nazioni; alla partecipazione attiva alla costruzione e alla vita delle istituzioni internazionali; alla solidarietà verso i popoli meno fortunati. Raccogliamoci in un minuto di silenzio.
Un anno fa, inaugurammo insieme, dopo decenni di chiusura, il Vittoriano restaurato e restituito agli italiani.
Da allora, su queste scalinate sono salite circa due milioni di persone, per ammirare da una prospettiva unica al mondo questa millenaria città, il foro Romano, il profilo dei colli. Tanti italiani sono venuti animati da quei sentimenti di nuovo patriottismo, che sento sempre più diffusi in ogni città d’Italia.
C’è un bisogno di Patria che unisce giovani, adulti, anziani. Ne è viva testimonianza il successo di tutte le iniziative che promuovono il recupero della nostra storia, della memoria che è in ogni famiglia, in ogni paese, in ogni città. Tutto ciò è motivo di fiducia e di speranza. E’ anche l’indicazione del cammino da percorrere.
Se riflettiamo sui caratteri costitutivi, sulle radici del patriottismo degli italiani, del nostro patriottismo, la caratteristica più importante è che esso nacque fin dall’inizio come aperto all’Europa. La libertà del popolo italiano, la sua unità e indipendenza, venivano da tutti i patrioti legate strettamente alla liberazione degli altri popoli d’Europa, in una prospettiva universale di conquista dei diritti civili.
Mazzini fondò insieme "Giovine Italia" e "Giovine Europa". Garibaldi fu pronto a combattere per ogni popolo d’America e d’Italia che volesse conquistare la propria libertà. Camillo di Cavour e Massimo d’Azeglio furono statisti e intellettuali con visione europea. Umberto I volle che su questo monumento fosse scritto, lassù sui due propilei, che l’unità della Patria era stata realizzata mirando alla conquista della libertà dei cittadini.
In questo senso, davvero, la Costituzione Repubblicana del 1948 è lo sviluppo pieno degli ideali dei patrioti del Risorgimento.
Non saprei esprimere questi pensieri meglio di come lo ha fatto una ragazza di Tempio Pausania, italiana di origine indiana, in uno scritto che mi ha inviato poco tempo fa. Cito: "L’accesso in Europa deve vedere un’Italia al massimo delle sue potenzialità, e dev’essere accompagnato da una riscoperta di quei valori che hanno permesso, attraverso il sangue versato dai patrioti risorgimentali, la sua nascita e il suo divenire democratico e repubblicano".
Poche settimane fa il Presidente della Banca Centrale Europea ha presentato al mondo le banconote e le monete in euro, la moneta che i popoli europei hanno creato insieme e che diverrà moneta comune esattamente fra 100 giorni, il 1° gennaio 2002. Al di là dell’importanza economica, esso è un simbolo di fratellanza e dell’unione che segnerà l’esperienza della vostra generazione.
L’euro è la vostra moneta, ragazzi. E’ il risultato di un lavoro che i vostri nonni e i vostri padri hanno fatto per costruire un’Europa migliore. E non dimenticate quanto vi chiesi lo scorso anno: aiutate i vostri nonni, i vostri genitori, a imparare l’uso dell’euro.
Sta ora a tutti noi e in particolare ai più giovani, consolidare e ampliare i vantaggi di aver costituito un’area di oltre 300 milioni di cittadini in cui un’unica moneta circola liberamente. E ricordatelo: la moneta non è soltanto mezzo di pagamento; è un’istituzione, accomuna i popoli che l’adottano con un vincolo di condivisione di valori, certo prevalentemente economici, ma anche sociali e civili.
Tra i giovani europei e i giovani di tutto il mondo sviluppato e democratico crescono sentimenti profondi di umanità; si afferma in tutti loro la volontà di operare concretamente per i Paesi meno fortunati, quelli dove non sono garantiti i diritti, la sicurezza, la salute dei cittadini, dove la scuola non c’è, la conoscenza non è raggiungibile, dove la fame e l’ignoranza sono un’unica disperata realtà.
Incontro nei miei viaggi per le città d’Italia le associazioni del volontariato; sempre più numerose sono quelle che operano per sostenere i Paesi poveri. Sono nate per libera iniziativa dei cittadini, di tutte le età e condizioni sociali; la loro azione è concreta: organizzano adozioni di bambini, di villaggi, raccolgono fondi, imparano e insegnano a conoscere i problemi.
Questi sentimenti, quest’azione di solidarietà sono nobili; sono il naturale sviluppo degli ideali democratici cresciuti grazie alle nostre libere istituzioni; quelle che consentono a tutti di esprimersi, di vivere – a scuola come nella società civile – la "pratica della libertà".
Dobbiamo saper evitare qualsiasi strumentalizzazione di questi sentimenti che possa indebolire le libere e legittime istituzioni, nazionali e internazionali, fondamento del nostro benessere e della stessa possibilità di diffonderlo ai Paesi più sfortunati. La violenza e l’odio sono la negazione dei valori democratici. ”L’odio produce morte, l’amore genera vita": questa è la scritta che campeggia sull’Ara Pacis Mundi, bellissimo monumento eretto cinquant’anni fa sul Colle di Medea, a Gorizia, nel pieno della "guerra fredda" su un confine che allora separava due mondi. Vi sono andato domenica scorsa a rendere omaggio ai caduti e ai dispersi delle guerre.
Questi sentimenti ci devono accompagnare in ogni momento.
Cari ragazzi,
la scuola è l’istituzione della Repubblica che più direttamente aiuta a costruire il futuro della Nazione nella pace e nel progresso.
La conoscenza, il dialogo, la pratica delle virtù civili sono la difesa più forte della nostra civiltà.
Gli italiani riconoscono il valore eccezionale del lavoro di chi opera nella scuola, a tutti i livelli.
Dico ai maestri, agli insegnanti tutti: siate consapevoli delle vostre responsabilità, del prestigio che avete tra le famiglie, dell’affetto dei Vostri alunni, della stima profonda, della gratitudine degli italiani. L’ho detto l’anno scorso e lo ripeto oggi con convinzione: gli operatori della scuola, della conoscenza sono alla base del nostro benessere, della nostra crescita economica e sociale.
Ho testimonianza di ciò negli incontri con gli studenti al Quirinale. In questi due anni, più di 40.000 tra studenti e insegnanti sono entrati nel palazzo della Presidenza della Repubblica, nella casa degli italiani. Ciò che più mi colpisce è l’incredibile ricchezza di iniziative che mi portate o mi raccontate nelle Vostre lettere: ricerche storiche, opere d’arte e artigianali, musiche, "cd rom".
Una scuola della provincia di Bergamo mi ha inviato un gioco multimediale per educare all’introduzione dell’euro.
L’autonomia degli istituti sta senza dubbio rafforzando spirito d’iniziativa e voglia di fare.
A voi ragazzi, un consiglio: pretendete, proponetevi di avvicinarvi ai testi e ai monumenti della nostra cultura e della nostra civiltà. La società moderna vi offre crescenti possibilità di formazione nel campo delle tecnologie, richiede la conoscenza delle lingue straniere, vi spinge a moltiplicare gli interessi e guardare in campi che nessuno della mia generazione immaginava. Lo farete meglio e con più forza poggiando sulle basi di una buona conoscenza della nostra lingua, della nostra letteratura, della nostra cultura.
L’anno scorso conclusi questo incontro con voi con alcune proposte concrete. Proposi: scrivete voi, giovani, la storia d’Italia, la storia della Nazione e quella delle nostre città, dei nostri 8.000 comuni, paesi, villaggi. Da allora tante iniziative, ricerche, sono arrivate al Quirinale da tutta l’Italia. Proseguiamo insieme questo lavoro.
Quest’anno è il 140° anniversario dell’Unità d’Italia, l’anniversario della scomparsa di Cavour. Pensiamo insieme ai prossimi bicentenari della nascita di Mazzini e di Garibaldi. Prepariamo insieme il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, tenendo presente che in ognuna delle nostre città c’è un personaggio da studiare, da riscoprire, da ricordare.
Fatelo Voi, studenti e insegnanti. Vedrete che i nostri eroi, i nostri patrioti, non erano dei temerari, ma persone normali, capaci di compiere azioni straordinarie perché amavano la Patria e desideravano viverla da uomini liberi insieme agli altri italiani. Libertà significa condividere valori comuni, istituzioni comuni, avere consapevolezza insieme dei propri diritti e dei propri doveri verso gli altri e verso la "res publica".
Per questo è fondamentale conoscere bene e vivere da cittadini le istituzioni della Repubblica, seguendo i lavori del Parlamento, come della propria Regione, Provincia, Comune. E’ questa l’educazione civica; non una materia fra le tante, ma il maturare in noi di un metodo di vita in comune, attraverso la conoscenza e la pratica delle istituzioni che liberamente abbiamo scelto. In questo campo, la scuola può fare di più.
Cari ragazzi,
in momenti gravi come il tempo che stiamo vivendo, tutti noi ci chiediamo: come reagire? Come dare un nostro apporto al progresso del bene? La risposta fondamentale è di fare con maggior impegno, con maggior passione, ciascuno il proprio dovere, giorno per giorno: nei posti di lavoro, in famiglia, sui banchi di scuola. Lo studio e il dialogo – tra voi e con i vostri insegnanti – sono la risposta migliore che voi potete dare a questa terribile sfida contro la nostra civiltà che siamo pronti a difendere con tutte le nostre forze.
A tutte le scuole, da quelle di Predoi, nell’alta Val Aurina, all’estremo Nord dell’Italia, a quelle di Lampedusa all’estremo Sud, auguro con tutto il cuore un buon anno scolastico.
Roma, 22 settembre 2001
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