L’antefatto risale, pubblica il Corriere di Bologna, risale a poco meno di un mese fa, quando un insegnante decise di tirare via dalla parete della classe il crocifisso.
Seguirono le consuete polemiche e l’ex parlamentare Pdl, Fabio Garagnani, chiese lumi sia alla ministra dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, e sia al vicedirettore regionale dell’ufficio scolastico.
E il dirigente redisse una sorta di manuale di giurisprudenza in materia visto che “nelle scuole della regione, anche recentemente, sono accaduti alcuni episodi relativi alla presenza di simboli religiosi” vale a dire “dai crocifissi nelle aule, all’allestimento del presepe”. Accolto dal ministero, le disposizioni verranno distribuiti ai presidi.
«Le disposizioni che prevedono l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche sono vigenti recita la circolare. Il crocifisso non è qualificabile alla stregua di “arredo” scolastico, attese le sue molteplici implicazioni simboliche. L’affissione dello stesso nelle aule scolastiche non è da ritenersi lesivo del principio di libertà religiosa. Resta fermo che il potere di adottare decisioni in materia e l’adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo e applicato spetta al ministro e non all’organo dirigenziale». Dunque la decisione aspetta al dicastero e non ai singoli presidi.
In ogni caso per orientarsi nella difficile partita filosofica e giuridica l’ufficio scolastico mette in fila i più importanti pronunciamenti in materia. A partire da quello della Corte europea dei diritti dell’uomo datata 19 marzo 2011, al parere del Consiglio di Stato, alla Costituzione repubblicana.
Nè pare d’altra parte che la “presenza dell’immagine del crocifisso nelle aule scolastiche possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa”.
Come dire che il crocifisso sta bene dov’è. A spostarlo, semmai, è bene che ci pensi il ministro e non i singoli dirigenti scolastici.
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