È un’entrata a gambe tese, per dirla con il gergo calcistico, quella che rifila la Cisl Scuola Lazio nei confronti del sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone alla vigilia della presentazione del primo del due decreti che dovrebbero dare un nuovo volto alla scuola italiana. Al sindacato laziale, guidato da Vincenzo Alessandro, non è affatto piaciuta la strategia politica e comunicativa messa in atto nell’ultimo periodo da quello che può essere annoverato uno dei politici del Pd più vicino al premier Matteo Renzi.
In particolare, si contesta a Faraone, anche se questa a dire la verità è un’accusa che andrebbe rivolta a tutto il Governo, la scelta di riformare la scuola non per la via legislativa più ortodossa, l’approvazione di una legge ordinaria (che un Governo con prospettive di arrivare fino al 2018 avrebbe potuto tranquillamente intraprendere), ma attraverso il metodo del decreto legge d’urgenza: perché è ora di dire basta alle “riforme che si arenano in Parlamento”, bacchetta la Cisl.
Ma ai sindacalisti confederali non è andata giù nemmeno la presenza del sottosegretario in un numero esagerato di trasmissioni radiofoniche nazionali, dove negli ultimi giorni Faraone ha annunciato i punti rivisti e corretti della Buona Scuola. Ammettendo che qualche modifica è stata dovuta fare per l’esito della consultazione on line, tenuta dal Miur tra settembre e novembre 2014. Peccato che al sindacato l’aggiustamento non sia bastato: perché con la procedura adottata si stanno “si calpestano 20 anni di evoluzione normativa”. La situazione sarebbe così grave che l’organizzazione sindacale tira in ballo l’imparzialità del neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che all’atto del suo insediamento ha definito prioritaria la difesa della scuola e del diritto allo studio.
Già dal titolo del documento della Cisl Scuola Lazio, “In modulazione di frequenza, va in onda la buona scuola”, si comprende il tenore dell’intervento. Ve lo proponiamo per intero, qui di seguito.
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“La strategia comunicativa prescelta dal Governo – o, almeno, dal sottosegretario Faraone – per illustrare il contenuto degli ormai prossimi provvedimenti sulla Buona Scuola fa leva sulla radio. La scorsa settimana è stata, per il sottosegretario, intensissima dal punto di vista della presenza radiofonica. Il 9 febbraio va in onda a Tutta la città ne parla (Radio 3), il 13 a Fahreneiht (Radio 3), il 16 a Effetto giorno (Radio 24), il 17 a Un giorno da pecora (trasmissione di satira politica di Radio 2). Il tutto in preparazione del Consiglio dei Ministri del giorno 27 febbraio, che dovrebbe varare i provvedimenti attuativi del documento sulla Buona Scuola.
In ciascuna di queste trasmissioni, il sottosegretario, reso noto al grande pubblico dalle esternazioni in lode del valore formativo delle occupazioni, con annesso seguito di polemiche da parte di alcuni dirigenti scolastici, ha rivendicato la carica innovativa dei provvedimenti governativi, che, finalmente, ridanno attualità, secondo Faraone, al tema del merito degli insegnanti. Oddio, qualche aggiustamento, in verità, il sottosegretario ha dovuto digerirlo. Le critiche e i pareri negativi di gran parte dei quei 100.000 che hanno risposto al questionario on line, nonché degli altri che hanno partecipato ai vari seminari tenutisi dalle Alpi alle piramidi, hanno indotto il governo ad accettare, per definire la progressione economica dei docenti, un mix tra anzianità (inizialmente abolita) e merito. Ma, ciò nonostante, il sottosegretario ha detto che almeno i 2/3 delle risorse disponibili per la retribuzione dei docenti saranno impiegati sul versante meritocratico.
Faraone ha poi ribadito che il governo effettuerà le assunzioni promesse, che renderà sistematica la formazione continua degli insegnanti, mediante investimenti adeguati, che amplierà il numero degli asili nido, specie nelle regioni meridionali che ne sono sprovviste, che premierà le scuole migliori, ma investirà anche per ridurre lo svantaggio delle scuole che ottengono risultati scolastici meno buoni (premiare il merito, senza penalizzare il demerito: un equilibrio funambolico), che investirà sull’informatizzazione, senza trascurare i problemi strutturali delle scuole italiane, che distinguerà il ruolo degli insegnanti di sostegno da quello degli insegnanti curricolari, che … che .. che …
Ambizioni faraoniche, verrebbe da dire: nomen omen!
Il tutto per decreto. Basta con le riforme che si arenano in Parlamento. Fatti non pugn … , ehm, ehm, … non parole. E poi ognuno sarà libero di valutare l’operato governativo al momento delle elezioni. E pazienza se così facendo si calpestano 20 anni di evoluzione normativa: la cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, l’assunzione del contratto, dello statuto dei lavoratori e del codice civile tra le fonti regolative del rapporto di lavoro pubblico (art. 2, comma 2 del decreto legislativo 165/2001). Soprattutto, chi se ne importa se la nostra Costituzione attribuisce al governo il potere di emanare atti con valore di legge solo con delega del Parlamento, ovvero di adottare provvedimenti provvisori con forza di legge solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, e sempre con conversione in legge ordinaria entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”.
Vedremo se il nuovo inquilino del Colle più alto dello Stato vorrà e potrà sancire l’inutilità definitiva di un’aula parlamentare ogni giorno più sorda e più grigia”.
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