Non sono solo gli insegnanti a chiedere di ridurre il numero di alunni per classe: il problema è sentito anche a livello di enti locali. Come la Regione Emilia-Romagna, che sul nodo mai sciolto delle classi numerose è uscita allo scoperto. Un problema, tra l’altro, che il Covid ha reso ancora più rilevante per via del distanziamento minimo da assicurare tra un allievo e l’altro. Il 17 giugno su questo tema si è svolto un incontro tenuto ieri in Regione, che ha coinvolto l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e l’Unione delle Province Italiane, nelle loro rappresentanze regionali.
Le parti presenti all’incontro hanno fatto emergere la necessità di affrontare con il ministero dell’Istruzione e con le altre Regioni strategie condivise di intervento che consentano un aumento dell’organico regionale, avvicinando così il rapporto tra studenti-insegnanti dell’Emilia-Romagna alla media delle altre Regioni italiane.
Oggi, infatti, in Emilia-Romagna è in servizio mediamente un docente ogni 11,6 studenti, contro una media nazionale di 10,8.
Il problema è stato confermato, anche se solo in parte, dallo stesso ministro Bianchi: qualche giorno fa, il numero uno del ministero dell’Istruzione ha detto che “oggi la norma ci indica 27 alunni per classe, come media regionale siamo al di sotto perché andiamo dai 15 della Sardegna ai 22 dell’Emilia-Romagna. Abbiamo le classi iniziali della primaria dove assistiamo a questo cambiamento, mentre le ultime classi della secondaria dove siamo ancora nella fase precedente”.
“Paradossalmente – ha sottolineato Bianchi – il problema non è una classe numerosa in centro a Bologna, ma molte aree del Paese dove c’è un numero insufficiente. Quando ho una classe con 3 bambini, questo non fa bene a loro”.
I presupposti che ciò avvenga ci sono. Ma non per il prossimo anno scolastico, per il quali i “giochi sono fatti” e tutto rimane come indicato nel Dpr 81 del 2009 approvato quando era ministra Mariastella Gelmini.
Meno di un mese fa, il 25 maggio, in audizione davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Istruzione sulle misure di attuazione del Pnrr, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi ha fornito rassicurazioni: da parte del ministro c’è la volontà di ridurre gradualmente, nel corso degli anni, il numero medio di alunni per classe.
In pratica, dai 20 alunni attuali, ma anche circa 13mila casi di classi over 26, si scenderà a 18-20 iscritti a classe.
L’esecutivo e l’amministrazione scolastica stanno lavorando per portare “tutte le classi su una media di 18-20 alunni per classe”, ha assicurato Bianchi.
La stessa riduzione di 9.600 docenti di potenziamento, prevista al decreto legge 36, uno dei punti su cui non si è trovato l’accordo in I e VII commissione al Senato, si attuerebbe comunque in modo graduale solo dal 2026: considerando che si perdono ogni anno circa 100mila iscritti, si tratterebbe quindi di una perdita comunque non rilevante.
Il problema, semmai, è un altro: riguarda il calo di spesa per l’Istruzione sarà sostanzioso, dal 4% al 3,5% rispetto al Pil, già dal 2025, previsto dal Documento di Economia e Finanza approvato dal Governo poche settimane fa.
Ma non è detto, poi, che i risparmi vadano ad incidere negativamente sugli iscritti per classe.
Proprio per i motivi “fisiologici” legati alla spiccata denatalità di cui abbiamo parlato, è invece possibile una revisione dei parametri minimi numerici in vigore sulla formazione delle classi, ritoccati in alto a seguito delle norme derivanti dalla Legge 133/08: 18 alunni all’infanzia, 15 alla primaria, 18 alle medie e 27 alle superiori. Numeri che in presenza di alunni disabili si possono ridurre.
Da superare sarebbero, inoltre, le soglie massime oltre le quali non si potrebbe andare: 29 allievi all’infanzia, 27 alla primaria, 28 alle medie e 30 alle superiori. Numeri sui quali spesso (soprattutto alle superiori) gli Uffici scolastici chiudono un occhio. Al punto di arrivare a creare classi composte da 34 alunni, pure con all’interno allievi disabili certificati (20 sarebbe il massimo consentito).
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