Non solo nuove Linee guida per migliorare l’orientamento scolastico, ma anche visite negli istituti dove i genitori non mandano i figli studiare, prof che fanno tutoraggio, mini-classi e lezioni ad hoc. Si esprimerà si più fronti la strategia anti-dispersione espressa dal ministro all’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara negli ultimi giorni dell’anno. In un’intervista a La Repubblica, il titolare del dicastero bianco annuncia misure forti: docenti tutor, sperimentazione di classi da dieci studenti, didattica personalizzata, ma anche una commissione di esperti per contrastare il bullismo.
Arrivano anche 30 ore di docenza sull’orientamento, ma, assicura il ministro, “non sono una nuova materia. Alle medie e nel biennio delle superiori potranno anche essere corsi al pomeriggio, nel triennio, coi più grandi, saranno 30 ore curriculari per ogni anno, non solo in quarta e quinta come prevedeva il Pnrr. Ogni scuola le gestirà in autonomia”.
Valditara, quindi, si difende dalle critiche sulla lettera che ha inviato alle famiglie per illustrare quelle che definisce delle semplici “prospettive lavorative di un percorso” formativo.
Sul docente tutor, invece, specifica che “è diverso lavorare su una classe piuttosto che su un singolo alunno. Il tutor, in ogni classe e specificamente formato, avrà questa funzione aggiuntiva, dovrà farsi carico di chi ha maggiori difficoltà di apprendimento o disagio psicologico lavorando in team coi colleghi, suggerendo percorsi e supporti specifici, dialogando con le famiglie”.
I docenti tutor saranno pagati di più, perché, assicura il ministro, “le risorse ci sono: sarà materia di contrattazione coi sindacati”.
Poi, promuove “la scuola intelligente”, perché “un ambiente già degradato è respingente. Ho già sbloccato i 710 milioni del Pnrr, più 1,2 miliardi sulla riqualificazione degli edifici“.
Quindi, Valditara si rivolge al giovane Mirko Destefani, 16 anni, che a Repubblica ha raccontato che “ora ha la licenza media e non fa nulla”: per il ministro deve “riaccendere quella luce”, deve “tornare a scuola: se non riesci a concludere un percorso formativo rischi di non avere in mano nulla, di avere una vita di profondo disagio”.
Il passaggio più interessante dell’intervista è quello in cui si parla dei tanti giovani che abbandonano la scuola perché vivono e crescono “in contesti educativi di povertà”: il ministro leghista sostiene che in questi casi occorre “agire con forza. Penso a quanto realizzato nelle banlieue in Francia, mi incontrerò presto con il ministro francese per sperimentare anche da noi classi da 10 alunni invece che 20-25 nei contesti più difficili”.
Si tratterebbe, se realizzata, di una misura importante: di un segnale in decisa controtendenza all’attuale composizione delle classi, che al primo anno della scuola media superiore continua a basarsi sui parametri (almeno 27 iscritti) innalzati nel 2009 dalla ministra Mariastella Gelmini: numeri minimi tuttora vigenti, che hanno prodotto classi pollaio da oltre 30 studenti alcuni dei quali non di rado anche con disabilità certificata e collocati in territori fortemente degradati.
Tutti numeri che, sebbene siano in arrivo cospicui fondi del Pnrr anti-dispersione, rimangono in vigore e da adottare per la formazione di classi e organici del prossimo anno scolastico: una condizione che stride non poco a che con la forte denatalità che in un decennio cancellerà oltre un milione di alunni.
Sul fronte delle classi davvero troppo numerose è di un paio d’anni fa, in piena pandemia Covid-19, la denuncia di una classe superiore, Roma, composta da ben 34 alunni e un’altra da 32 a Urbino. E anche l’inizio del corrente anno scolastico ha fatto registrare casi simili.
Valditara non ha avuto problemi a parlare della sua famiglia: “I miei due figli sono già grandi. Il più piccolo ha 20 anni, ma mi raccontava di come in classe chattavano durante la lezione“.
Ma il divieto per l’uso dei cellulari in classe già c’era, fa notare la cronista: che motivo c’era di fare una circolare? Risposta: “Perché è stato disatteso, mentre io voglio una scuola seria: se l’insegnante spiega, lo si ascolta”. Poi precisa: “nella circolare io non vieto il cellulare nella didattica”.
Quindi rassicura i docenti che lavorano sui progetti anti-dispersione del Pnrr. Dice che i fondi sono in ritardo, ma stanno arrivando: abbiamo “stabilito, con il Mef, che si può pagare il personale sui progetti, non era scontato”.
Infine, il ministro dell’Istruzione ha commentato i “116 milioni di tagli in tre anni” previsti dalla Legge di Bilancio: “abbiamo selezionato voci che impattano il meno possibile sulla scuola. Noi mettiamo quasi 2 miliardi in più in tre anni in un contesto in cui 21 miliardi sono stati destinati al caro bollette. E continuerò a battermi per dare più all’istruzione”.
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