È vero che esistono casi di classi numerose, quelle comunemente definite “pollaio”, ma solo per venire incontro alle richieste delle famiglie. È questo il senso di una parte dell’intervento, seguito in diretta dalla Tecnica della Scuola, tenuto il 1° agosto dal ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, in audizione alle commissioni congiunte Istruzione di Camera e Senato sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Il responsabile del Miur, dopo avere ricordato che “la media classi/alunni, a livello nazionale, è di 21,1 alunni per classe”, si è soffermato su una dato di tendenza che scagionerebbe presidi e dirigenti territoriali.
“in qualche caso – ha detto Bussetti, seduto accanto al senatore leghista Mario Pittoni, presidente della VII commissione di Palazzo Madama – si sono verificate situazioni per le quali, vuoi per iscrizioni avvenute anche dopo i termini previsti, vuoi per taluni indirizzi di studio particolarmente specializzanti, e al solo fine di accontentare il più possibile le famiglie e gli alunni, potrebbe essersi verificato il caso della costituzione di singole classi numerose”.
In ogni caso, ha detto ancora il ministro dell’Istruzione, “un’attenzione particolare va riservata alla tematica del sovraffollamento delle classi e alla qualità degli spazi all’interno delle scuole, in maniera da assicurare agli studenti ambienti sicuri e idonei allo svolgimento delle attività didattiche, laboratori e aree comuni di condivisione”.
E qui sta il punto: per quale motivo, quando lo chiedono i genitori, i dirigenti scolastici e i colleghi superiori degli uffici scolastici territoriali, a cui spetta sempre la decisione finale, si allestiscono classi con oltre 30 alunni, mettendo a repentaglio la sicurezza e il diritto allo studio in un contesto ottimale?
Perché non si rispetta la normativa, nemmeno in presenza di alunni disabili, considerando che non di rado si giunge alle soglie dei 30 alunni per gruppo-classe anche laddove sono presenti allievi con il sostegno e gli spazi d’aula e laboratoriali sono ristretti?
La risposta fornita dal ministro dell’Istruzione non convince. Se così fosse, se le scuole davvero si piegano alle pressioni delle famiglie, allora si tratterebbe di precedenti pericolosi: lo stesso atteggiamento di accondiscendenza, allora, potrebbe essere rivendicato dai genitori anche per la scelta degli insegnanti, per le valutazioni dei propri figli e per decidere dove andare in gita.
Sarebbe il caso, quindi, che il ministro chiarisca quando dice che le classi numerose si allestiscono solo per “accontentare il più possibile le famiglie e gli alunni”.
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