Una ricerca dell’Università “Sapienza” di Roma fa emergere un dato conosciuto a livello empirico dagli insegnanti coinvolti:” chi ha classi molto numerose (sopra i 25 alunni) è più a rischio di burnout, mentre classi meno numerose (meno di 20 alunni) portano un livello 0 di burnout”
La situazione attuale anche se contenuta – meno del 7% del totale delle classi – pone dei problemi a livello costituzionale. La nostra Carta, infatti, garantisce ogni cittadino, il quale gode di “pari dignità e uguaglianza formale e sostanziale” Quindi anche se si tratta di circa 50.000 studenti coinvolti, il problema conferma la sua gravità. Gli alunni/studenti iscritti a queste classi-pollaio, infatti, sostanzialmente sono meno garantiti nel diritto allo studio (art. 3 comma 2 e art 34) e alla sicurezza.
Ma di questo ho già detto molto in precedenti interventi.
Qui vorrei invece, soffermarmi sulla condizione degli insegnanti, a rischio burnout. Innanzitutto chiariamo il significato, perché solo la sua definizione chiarisce la condizione nella quale si trovano, secondo alcune ricerche, il 30% dei docenti. Burnout rimanda a una sindrome dove il soggetto coinvolto si sente “scoppiato”, “esaurito””, “bruciato, incapace di gestire da adulto le situazioni di stress e con una bassa capacità resiliente. Da qui molti ricorrono al farmaco, favorendo in alcuni casi effetti di dipendenza.
Il burnout è spesso favorito dalla condizione di solitudine nella quale un docente si trova a gestire una classe non costituzionale (classi pollaio e superpollaio). La solitudine nasce dalla percezione che la scuola non è più una “comunità educante”, bensì un insieme di individui-monadi senza finestre verso l’esterno ( G.W. Leibnitz ). In termini più semplici, si è quasi sempre soli a gestire la situazione, nonostante i tanti progetti sull’inclusione che occupano le cattedre dei Dirigenti Scolastici e gli archivi delle segreterie, che però risultano nella loro attuazione inefficaci per la presenza delle classi pollaio.
Ma la solitudine è favorita anche dalla sensazione di “essere gettati” in un contesto antipedagogico e insicuro da un’Amministrazione indifferente che dal 2009 nulla ha fatto per far prevalere nuovamente la pedagogia sull’ economia finanziaria.
La solitudine, infine, è favorita da un contesto sociale e politico che non comprende “la fatica dell’aula” che ospita 25-30 e oltre alunni/studenti. La sensazione è confermata dalle tante dichiarazioni di “inesperti d’aula” sulla ” apertura delle scuole nei mesi estivi”, o sugli ” insegnanti fannulloni che godono di molti privilegi…”. Poi però, queste persone se costrette ad interagire con gli alunni per un’ora, chiedono di far silenzio, perché non riescono a concentrarsi nella comunicazione formativa!. Gli alunni, in questo caso, producevano un normale brusio!.
E certificare questa incapacità degli esperti a gestire una classe, favorisce solo tanta rabbia! “Cui prodest” questa situazione di smantellamento della scuola come agenzia di formazione? La domanda è semplice, la risposta è più difficile da trovare!