“Bisogna ridare dignità al mestiere dell’insegnante”: dirlo, come abbiamo già scritto, è stato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, dopo l’incontro dei ministri del governo Draghi incentrato sulla cabina di regia sul Pnrr a Palazzo Chigi. “La componente delle riforme – ha spiegato Bianchi – ha al centro le persone, quindi gli studenti e i docenti”.
Nell’illustrare gli obiettivi da raggiungere con i fondi del Recovery plan, il ministro dell’Istruzione ha citato il “dimensionamento degli istituti e la numerosità delle classi”.
Permettere alle scuole di rimanere in vita anche quando le iscrizioni sono sotto una certa soglia e allestire classi con numeri ridotti di alunni, al massimo 20-22, ancora meno in presenza di allievi disabili, è infatti una doppia condizione da cui non si può prescindere per sganciarsi dai problemi organizzativi e didattici dell’ultimo decennio, conseguenti al Dpr 81 del 20 marzo 2009, “figlio” della Legge 133 Gelmini-Tremonti dell’anno precedente. Una legge che finora nessun Governo aveva mai messo nel mirino.
A confermare la volontà di prendere finalmente le distanze da quella realtà, che ha portato a chiudere alcune migliaia di istituti e a creare tante classi pollaio, sono stati anche i deputati grillini in commissione Cultura.
Nel gestire i fondi del Pnrr “molta attenzione – hanno detto i 5 stelle – dovrà essere prestata alla scuola, per risolvere in particolare criticità annose come il sovraffollamento delle classi, e altre emerse più recentemente, come il dimensionamento scolastico, dovute in buona parte alla denatalità”.
“Per il MoVimento 5 Stelle questi sono temi essenziali, su cui sicuramente continuare a lavorare affinché l’occasione storica data dal PNRR di migliorare profondamente il sistema scolastico italiano non vada persa”, hanno sottolineato i deputati pentastellati.
L’impegno del numero uno del Palazzo Bianco di Viale Trastevere e del primo partito di Governo non è da poco: anche perché è stato preso pubblicamente.
Premesso che i finanziamenti sono indispensabili, ma non bastano per attuare il piano, resta da capire se questo esecutivo ha i tempi “tecnici” per cambiare anche le norme: occorre, infatti, coinvolgere anche il Parlamento nella revisione degli attuali parametri che portano ogni anno alla formazione di decine di migliaia di classi con oltre 25 alunni (in alcuni casi anche oltre i 30!) e alla scomparsa di istituti a seguito del calo di nascite e quindi di iscrizioni.
Considerando l’impegno prossimo della Legge di Bilancio, che assorbirà non poco i parlamentari, qualora la legislatura dovesse terminare prima non è detto che si possa procedere all’approvazione dei nuovi numeri, sia per la formazione delle classi sia per mantenere le scuole autonome in vita.
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