Gli anni ’70 sono stati caratterizzati da provvedimenti legislativi realmente inclusivi.
Penso alla legge 820/71 con l’attenzione alle tante intelligenze e alle compresenze che favorivano la personalizzazione dei percorsi. Poi venne la legge 517/77 che istituzionalizzava la modalità organizzativa delle classi aperte (art. 2 comma 1), e confermava la presenza degli insegnanti di sostegno, introdotti con la legge 970/75.
Questi provvedimenti avevano un denominatore in comune: l’art. 34 (“La scuola è aperta a tutti”) e 3 della nostra Costituzione (“E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”) .
Oggi di tutto questo è rimasto ben poco. Oggetto di dibattiti. Qualche convegno, come quello che a giugno ha ricordato Don Milani. Niente più!
Le grandi innovazioni degli anni ’70 sono state spazzate via dalla legge 133/08 (fine del tempo pieno, delle compresenze…) che ha dato origine al Decreto 81/09. Il provvedimento voluto dal duo Gelmini-Tremonti ha formalizzato le classi-pollaio, superando i limiti imposti pedagogicamente dalla L. 517/77.
Da qui abbiamo classi formate da 28-30 alunni che durante la settimana possono arrivare anche a 32-33 e oltre, grazie alla legge di Stabilità 2015 (Governo Renzi) che impedisce ai Dirigenti Scolastici di chiamare il supplente il primo giorno di assenza del titolare.
Non è difficile dedurre che queste decisioni sono fondate da ragioni di risparmio (ottimizzazione come si dice oggi). Siamo in presenza di un’espulsione della pedagogia, elemento fondante della scuola, a favore dell’economia. Quest’ultima non dovrebbe quasi mai entrare nell’Istituzione scolastica. Quando accade, la scuola diventa altro, rispetto all’ambiente educativo di apprendimento Fino a poco tempo fa si pensava che tra la destra e la sinistra esistessero delle differenze.
Oggi non è più così. Formalmente ancora si parla di questa doppia e contrapposta realtà. Nel concreto suonano lo stesso strumento, pur indossando abiti diversi. Come afferma il filosofo Diego Fusaro la loro difformità formale si traduce in una sostanziale omologazione culturale a favore del “finanzcapitalismo”. E il decreto 81/09 ne è un esempio.
Nonostante i tanti annunci il governo Renzi ha confermato questo processo di “finanziarizzazione” del sistema scolastico. La prova risiede nella mancata abrogazione del suddetto decreto. Il ministro Valeria Fedeli e altri politici parlano di altro. Mai dell’aula, cuore della scuola. Eppure la qualità di un sistema scolastico parte da questo ambiente! Inesistente, rimosso, espulso dalle dichiarazioni dei politici. Non a caso!
di Gianfranco Scialpi