La riduzione o addirittura l’eliminazione delle classi pollaio è qualcosa che moltissimi docenti auspicano. Tuttavia, uno studio pubblicato sull’International Journal of Science Education ha dimostrato che nelle classi poco affollate in realtà si studia peggio. Lo riporta Skuola.net.
Lo scopo della ricerca è quello di indagare sui fattori che influiscono negativamente sulla carriera scolastica: tra questi, il tanto discusso fenomeno delle classi pollaio non sarebbe un ostacolo all’apprendimento, secondo gli autori dello studio.
Anzi, ridurre le dimensioni delle classi potrebbe addirittura inficiare il rendimento degli stessi studenti. E’ importante sottolineare che lo studio si concentra su un campione di studenti delle scuole superiori in Cina e Giappone.
In Giappone un aumento di un solo grado del numero di alunni in classe ha addirittura aumentato di 1,2 volte le probabilità che gli studenti raggiungessero i risultati migliori. E oltre alla qualità dell’insegnamento, ci sono altri fattori che influenzano il rendimento del corpo studentesco. Ad esempio la ‘disciplina in classe’, ovvero un ambiente sicuro e sereno che permetta di apprendere al meglio. Ma anche la motivazione e il supporto dei docenti giocano un ruolo fondamentale nell’apprendimento.
“Questo studio sostiene l’idea che la qualità degli insegnanti, piuttosto che la quantità, sia la principale garanzia di resilienza degli studenti – ha spiegato il ricercatore Tao Jiang, dell’Università di Taizhou, come si legge su Agi.-. Insegnanti di qualità, che impiegano efficacemente i metodi di apprendimento e gestiscono la disciplina in classe, aumentano le probabilità che gli individui diventino studenti resilienti. D’altra parte enfatizzare la riduzione delle dimensioni delle classi nelle scuole potrebbe non giovare alla determinazione, non stimolando gi alunni. Un’eccessiva riduzione delle dimensioni delle classi non è necessaria, poiché è dannosa per l’emergere di studenti con alti livelli di determinazione. Invece di stanziare risorse finanziarie per ridurre le dimensioni delle classi, sarebbe più efficace investire per formare insegnanti di alta qualità”.
Insomma, secondo questa visione, l’emergere degli studenti più bravi potrebbe essere dannosa per il resto della classe. E in Italia? Secondo l’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva nonostante la denatalità abbia avuto un grosso impatto già nel 2022-2023 facendo registrare complessivamente 121 mila studenti in meno rispetto all’anno precedente, soprattutto tra i 3 e i 14 anni (-105.154) permane il fenomeno delle classi sovraffollate: in media più di una su cento, ma fino a cinque classi su cento nelle scuole superiori accolgono un numero di studenti superiore a 27. Sono state chiuse 115 scuole o, meglio, punti di erogazione del servizio, nell’anno scolastico appena trascorso a seguito dell’accorpamento degli istituti.
“Classi pollaio? Quando lo dicevo io, sia da parlamentare che da Ministra, mi dicevano che le classi sovraffollate non esistevano. Ma quando insegnavo io (nella scuola secondaria di secondo grado) avevo classi con almeno 27 studenti, perché la legge Gelmini prevede questo. Ciò implica insegnare in maniera uguale per tutti, sapendo che ci sono alunni che hanno tempi di apprendimento diversi, e questo crea dispersione scolastica. Se vedete i dati, la maggior parte della dispersione scolastica avviene nel passaggio tra la scuola secondaria di primo e di secondo grado. Questo significa costo per lo Stato, perché poi questi ragazzi non studiano e non lavorano”, queste le parole dell’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che da sempre ha attenzionato il problema, pronunciate lo scorso ottobre.
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