Le classi pollaio non mancheranno nemmeno nell’anno del Coronavirus. Anzi, se non si metterà mano alla prima stesura degli Uffici scolastici territoriali, a settembre potrebbero addirittura aumentare. Il motivo è legato alla nota n. 487 del 10 aprile scorso, con la quale il ministero dell’Istruzione ha comunicato agli Uffici scolastici che gli organici 2020/21 delle classi intermedie della scuola secondaria di secondo grado dovranno essere costituite con un numero medio di alunni non inferiore a 22. Il problema è che alcuni dirigenti ministeriali stanno prendendo alla lettera il limite imposto dal dicastero di viale Trastevere. Dimenticando che vi sono anche dei “tetti” numerici oltre i quali per legge non si può andare: oltre 29 allievi per classe nella scuola all’infanzia, 27 alla primaria, 28 alle medie e 30 alle superiori.
Ora, quello che sta succedendo è che per rispettare alla lettera la nota ministeriale n. 487, in non pochi casi gli Uffici scolastici non hanno tenuto conto di questi “tetti”, peraltro pure innalzati con il dimensionamento scolastico imposto a partire dalla L. 133 del 2008.
A Roma, ad esempio, si è arrivati ad accorpare due classi intermedie di un istituto superiore, una da 16 e la seconda da 18 alunni: solo che in questo modo si è andata a creare una classe “mostro” da 34 alunni, tra l’altro con diversi casi di alunni con problemi di apprendimento, certificati a vari livelli. Una situazione simile si è verificata al Liceo Scientifico Statale Luciano Laurana di Urbino, dove vi sarebbe “una classe con ben 32 ragazzi, tra cui un portatore di handicap”.
Poi c’è il problema del Coronovirus. “La pandemia ci impone una scuola con più spazi e meno studenti per singola aula, se ne faccia una ragione, ma 22 non è il numero perfetto”, hanno tenuto a dire i deputati Carmela Ella Bucalo e Paola Frassinetti di Fratelli d’Italia.
“In barba quindi al distanziamento sociale – hanno continuato i deputati di FdI -, i direttori provinciali sono già al lavoro per ottemperare alle superiori disposizioni. Ministro Azzolina siamo alle solite: annunci e conferenze stampa puntualmente smentite dai fatti”.
Il dato numerico eccessivo non è sfuggito nemmeno ai sindacati. Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas si rifà a “quel ‘distanziamento’ che è considerato l’unico presupposto sicuro per impedire il diffondersi del contagio da coronavirus. Chiunque conosca le nostre scuole dovrebbe sapere che, nel migliore dei casi, l’ampiezza delle aule – per i nuovi edifici e per attività normali – è parametrata sullo standard massimo di 1,96 mq per alunno e per classi che erano al massimo di 25 alunni. Sciaguratamente, abbiamo assistito nel tempo a un costante incremento del numero di alunni per classe, che oggi potrebbero arrivare fino a 31 (anche oltre ndr), mentre, ovviamente, le aule non sono state ampliate”.
Ebbene, di fronte a questa situazione cosa ci sarebbe da fare? “Se ci fosse un minimo di coerenza – prosegue Bernocchi – tra ciò che si dice e quel che si fa, non dovrebbe essere difficile capirlo: diminuire il numero di alunni per classe e reperire ulteriore personale e spazi per svolgere la didattica in presenza”.
Invece, sottolinea il sindacalista di base, “le scuole stanno ricevendo in questi giorni comunicazioni dagli ex Provveditorati” che tendono ad accorpare le classi, poiché per via del contagio Covid-19 “non sono previste ripetenze”, con tassi del 20% di incremento, e quindi si va verso “un numero di classi inferiore a quello che era stato previsto nella fase precedente alla pandemia”.
Il problema non è solo quelle delle classi intermedie. Sempre secondo Bernocchi “visto che la formazione delle classi avrebbe dovuto anche tenere conto della ‘serie storica dei tassi di non ammissione alla classe successiva’ risulta evidente che salteranno molte prime classi della scuola secondaria di I e II grado”.
“Quindi – conclude il sindacalista – invece di consentire la ripartenza della didattica in presenza a settembre con aule meno affollate il Ministero preferisce approfittare dell’occasione per ridurre classi e organici e, nel frattempo, carica su docenti e ATA tutte le difficoltà legate al recupero delle attività che in quest’anno scolastico non si sono potute svolgere per effetto dell’attuale sospensione”.
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