Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha risposto all’Unione degli Studenti, associazione di studenti delle scuole superiori, in merito alle sue affermazioni di ieri, sul quotidiano Libero, relative alla didattica per studenti stranieri: “Spiace vedere le mie parole così gravemente e strumentalmente fraintese dall’Unione degli Studenti perché il mio progetto, al contrario di quanto viene sostenuto, va esattamente nella direzione di una piena integrazione che salvaguardi tempi e qualità di apprendimento di tutti gli studenti, senza nessuna ghettizzazione”; ha esordito.
“Ho dichiarato che, in caso di ragazzi stranieri con importanti deficit in italiano e matematica, le vie percorribili, anche guardando alle esperienze di altri Paesi europei, possono essere due: il temporaneo insegnamento differenziato, in accompagnamento alle lezioni ordinarie, solo della lingua italiana ed eventualmente della matematica, fino a un adeguato allineamento alle competenze già acquisite dal resto della classe; oppure corsi pomeridiani obbligatori di potenziamento. Devo anche sottolineare, come ho già affermato, che queste due ipotesi dovranno passare preventivamente il vaglio di un ampio confronto, con grande attenzione alla salvaguardia dell’autonomia scolastica. Per questo ritengo che le osservazioni dell’UdS, peraltro espresse con toni gratuitamente offensivi, siano molto lontane dalla realtà dei fatti, rischiando tra l’altro di contribuire a una dannosa strumentalizzazione su un tema delicato quale quello della centralità dello studente, di tutti gli studenti”, ha concluso il numero uno di Viale Trastevere.
Ecco cosa aveva detto l’Unione degli Studenti in merito: “Il progetto del Ministro Valditara prevede un test sulla conoscenza della lingua italiana a cui sottoporre tutti gli studenti di origine straniera. A seconda del risultato del test prevedere classi separate per lo studio dell’italiano e della matematica in modo che le persone straniere non ‘rallentino’ i processi didattici delle classi o l’integrazione tramite ulteriori lezioni extracurricolari obbligatorie”.
“La proposta del Ministro è estremamente razzista e va ad allontare e separare alcuni studenti dagli altri sulla base di un test somministrato a seconda della provenienza. Non possiamo accettare che le nostre scuole diventino luoghi di segregazione facendoli passare come metodi per garantire l’istruzione e non lasciare nessuno indietro”.
“Nella scuola che vogliamo gli studenti che hanno più difficoltà con la lingua italiana, che siano straniere o meno, devono riuscire ad esseri integrati all’interno della classe e l’attività didattica deve essere programmata in modo che la classe tutta lavori insieme per un miglioramento collettivo delle competenze linguistiche. Nessuno studente deve essere discriminato per la propria provenienza e anzi va immaginata una didattica che individuando i punti di forza di ciascuno riesca a mettere al centro un modello didattico partecipato da tutti in maniera attiva. Continueremo a lottare contro un modello di scuola razzista e ghettizzante, per un’istruzione che crei comunità e collaborazione, non divisione e competizione. Il Ministro le nostre proposte le ha da tempo: ora si tratta di ascoltarci!”.
“C’è un problema di integrazione che riguarda gli immigrati di prima generazione. C’è un problema perché l’attuale sistema scolastico penalizza gli studenti stranieri. Sia per quanto riguarda le performance sia per quanto riguarda la dispersione scolastica che secondo l’Istat raggiungerebbe tassi del 30,1%, per i giovani immigrati contro il 9,8% degli studenti italiani. Guardiamo anche ai test Invalsi 2023: in italiano gli immigrati di prima generazione registrano una differenza di rendimento in negativo del 21,9%. In matematica del 13,4%. Su queste materie dobbiamo intervenire”, ha detto Valditara ieri.
Ecco a quali soluzioni starebbe pensando: “Dobbiamo capire cosa si fa all’estero per trovare delle soluzioni efficaci. Nei paesi dell’Unione Europea esistono tre modelli: in alcune nazioni gli stranieri vengono inseriti direttamente nelle classi ordinarie, in altre gli studenti provenienti dall’estero seguono per un certo periodo un’offerta scolastica distinta (‘classi di accoglienza’ o ‘di transizione’). In molti Paesi infine viene utilizzato un approccio combinato tale per cui gli alunni seguono alcune lezioni nella classe ordinaria e altre nell’ambito di un’offerta separata. L’Italia è nel primo gruppo, assieme a Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Germania e Francia hanno un sistema misto-flessibile, cioè si frequenta solo una parte delle lezioni nelle classi ordinarie. Poi ci sono Paesi più rigidi”.
“Ogni scuola dovrebbe verificare all’atto di iscrizione le competenze dei ragazzi immigrati. Dopodiché dovremmo lasciare alle scuole la scelta fra tre percorsi. La prima possibilità ovviamente è quella dell’inserimento tout court nelle classi esistenti, se il tasso di apprendimento della lingua italiana è buono. Se invece ci sono dei deficit molto rilevanti dovremmo pensare a due soluzioni alternative. Il ragazzo straniero viene inserito come tutti in una determinata classe, tuttavia le lezioni di italiano ed eventualmente anche quelle di matematica le frequenta in una classe di accompagnamento con docenti specializzati e una didattica potenziata. L’altra ipotesi potrebbe prevedere di seguire al pomeriggio attività obbligatorie di potenziamento linguistico extracurricolare. Ovviamente prima di introdurre queste soluzioni occorre avviare un confronto ampio, tenendo sempre presente che per noi l’autonomia scolastica è un punto fermo”, questa la sua idea.
“Stiamo ragionando sull’organico necessario. Gli uffici sono già al lavoro per delineare alcune ipotesi. Intanto ci sono risorse nostre per 85 milioni di euro e risorse del ministero dell’Interno dal fondo Fami (Fondo asilo migrazione integrazione, ndr) che gestiamo noie sono altri 70 milioni di euro. Questa può essere una base di partenza per studiare un progetto realmente inclusivo. Noi vogliamo realizzare una vera integrazione. L’attuale modello scolastico dà una apparente inclusione e non fornisce a questi ragazzi la possibilità di avere un successo formativo. Con i tassi attuali di dispersione scolastica molti di questi giovani non hanno le basi per inserirsi nella nostra società e trovare un lavoro.
L’attuale situazione danneggia inoltre anche gli studenti italiani che vedono rallentato il loro programma formativo dovendo aspettare i tempi di apprendimento di chi non ha alcuna conoscenza della lingua italiana. Dobbiamo decidere se far prevalere l’ideologia o soluzioni realistiche. Occorre evitare il più possibile le classi ghetto, l’attuazione dei tetti per classe è stata scarsamente applicata anche per disfunzioni organizzative e per la mancanza degli accordi territoriali per la distribuzione delle iscrizioni fra le varie scuole. Ho chiesto agli uffici di lavorarci”, ha aggiunto.
“Un buon esempio viene da alcuni Länder tedeschi, che hanno introdotto incentivi perchè i genitori frequentino di pomeriggio corsi di lingua nella stessa scuola dove studia il ragazzo. Il rischio è infatti che lo studente una volta a casa torni a parlare la sua lingua originaria disimparando quanto appreso a scuola. La nostra concezione di scuola, penso per esempio a quanto abbiamo fatto con il decreto Caivano, segue una ricetta molto articolata: prevenzione, inclusione e sanzione, dove le regole non vengano rispettate. Per noi è importante il principio di responsabilità: diritti e doveri. Una società con soli diritti non va da nessuna parte”, ha concluso il capo del dicastero di Viale Trastevere.
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