Eseguire la valutazione del rischio chimico nelle scuole, in ottemperanza delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 81/08, è da sempre un argomento tecnico e complesso, considerate le diverse e specifiche tipologie di attività che si eseguono (attività di laboratorio) nonché l’elevato numero di sostanze e delle più svariate tipologie di pericolosità (tossici, cancerogeni, infiammabili, irritanti, sensibilizzanti, ecc.) presenti nei cicli lavorativi utilizzati in piccole e talvolta modeste quantità.
A seguito della fase di analisi e valutazione dei fattori di rischio, si arriva alla definizione del rischio chimico, secondo uno dei seguenti casi:
● “giustificazione” della presenza di un rischio insignificante che non rende necessaria un’ulteriore valutazione, viste la natura e l’entità del rischio (es. “bianchetto” da ufficio)
● “rischio basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute”, quando il tipo, la quantità, la modalità e la frequenza di esposizione all’agente chimico pericoloso sono poco significativi, e quando le misure di prevenzione già presenti sono sufficienti a ridurre il rischio al minimo possibile
● “rischio non basso e non irrilevante”, quando un livello di rischio è tale da imporre l’adozione di misure specifiche di prevenzione e protezione, oltre a procedure di intervento per incidenti ed emergenze, e la sorveglianza sanitaria
● “rischio di natura cancerogena e mutagena”, rientranti nel titolo IX, Capo II del D.Lgs. 81/08
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