Mentre Greta Thunberg percorre l’Europa, piovono su di lei critiche alternate indifferenza. I media italiani, dopo il risalto (parziale e orientato al pittoresco) datole nella settimana pasquale in occasione della sua visita a Roma, ora calano di nuovo il silenzio sui giovani, che protestano contro l’indifferenza dei potenti al riscaldamento globale. Eppure i “Fridays For Future” non si fermano. Il 26 aprile l’appuntamento principale si è svolto a Pisa, dove ormai scendono in piazza anche gli scienziati. Nella città di Galileo venerdì 3 maggio parlerà del riscaldamento dei mari Andrea Caiti, docente di sistemi subacquei Ingegneria. Venerdì 10 maggio Alessio Bartolini (del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio), riferirà sull’importanza ambientale della tutela degli ecosistemi delle zone umide.
Tra le critiche di destra si distinguono come sempre per buon gusto e rispetto delle idee altrui le sapide parole del grande e autorevole giornalista Vittorio Feltri, che con forbito linguaggio la definisce “Gretina” e “rompiballe”. Ascoltare gli scienziati è inutile, perché la verità la sa lui, ed è questa: «Il pianeta si surriscalda a volte e a volte si raffredda. I cambiamenti climatici sono ciclici». Punto. Dunque, ragazzi, state tranquilli. «Questa Gretina qui, che abita in Svezia, dovrebbe esser solo contenta se il pianeta si surriscalda un po’», sentenzia il maestro.
Dalla sinistra, invece, le censure di chi considera Greta burattina delle multinazionali. Anche se non si comprende bene che interesse avrebbero le multinazionali sollevare un problema per compromettere proprio gli interessi delle multinazionali. Ma questa considerazione non basta a frenare i lapidatori di Greta, che la accusano di essere “una bambina sul palco mediatico”, inviata dal sistema affinché i giovani non capiscano che «il dramma del cambiamento climatico è oggettivamente anticapitalistico».
Eppure basterebbe ascoltarli, i giovani, per accorgersi che loro quest’ultimo concetto lo hanno ben compreso e fatto proprio. Venerdì 19 aprile, a Roma, in Piazza del Popolo, prima di Greta, hanno parlato — molto applauditi — vari attivisti dei “Fridays For Future”. Con parole inequivocabili, che però i telegiornali non riportano. Marta Sabatino di Palermo, ad esempio, ha ricordato i diritti dei lavoratori, violati, al pari dell’ambiente, dalla logica del profitto: «Ci vuole un nuovo modello di sviluppo, con uguali possibilità per tutti. Le rivoluzioni partono sempre da una crisi: e la crisi climatica sta mettendo rischio tutta l’umanità. Bisogna raggiungere questa consapevolezza, e in ciò la Scuola è fondamentale, perché è la Scuola che crea consapevolezza».
Un altro attivista rileva che «La nostra società ci rende tutti più soli, perché chi è solo consuma di più e arricchisce l’economia capitalistica. Ma un’economia siffatta non può che distruggere il pianeta».
Martina D’Arco, del Liceo Classico Statale “Francesco Vivona” di Roma: «Qualcuno ci definisce “troppo piccoli”. Ma i più grandi sono i piccoli, se hanno saputo alzare la testa per salvare tutti».
Gianmarco Silvano da Napoli: «Dobbiamo obbligare quegli scellerati, che ancora lucrano sulla nostra pelle, a cambiare un sistema malato e un modello di sviluppo che non tengono in considerazione la nostra vita. Risolvere la crisi ambientale è cambiare il sistema, che oggi determina il profitto di pochi a discapito della vita di molti».
Laura Moro, universitaria di Roma: «Che senso ha studiare in Università che insegnano a riprodurre rapporti sociali devastanti per il pianeta? O far tirocini in aziende che sfruttano risorse, ambiente e persone? Come può un’Università esser costretta ad accettare finanziamenti da aziende simili? Università e Scuola son sistematicamente svuotate di sapere critico favore del pensiero unico, con la promessa di un lavoro. Che lavoro troveremo in un pianeta inabitabile? A Roma, città malsana e inquinata, tra rifiuti mal gestiti e mobilità inefficiente, si svende il verde pubblico a vantaggio di cemento e ipermercati. Ci rimettono in salute e servizi soprattutto i ceti più deboli. La nostra battaglia per il clima deve unirsi a chi resiste a speculazione edilizia e devastazione dei territori. Il sistema economico si fonda su sfruttamento d’ambiente e persone. Combattere il global warming è combattere iniquità, sessismo, razzismo, patriarcato. La lotta ecologista deve essere antirazzista e femminista.»
Sono queste le parole di bambocci pilotati dall’alto? Forse è ora che la generazione degli ultracinquantenni cominci a rivedere alcune proprie convinzioni ben radicate.
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