Cobas: il Decreto Istruzione è un bluff

Tra i sindacati più critici verso il decreto Istruzione ci sono anche i Cobas. Che attraverso il portavoce nazionale, Piero Bernocchi, si scagliano contro il provvedimento e rilanciano la loro crociata contro l’Invalsi e la rilevanza che viene data sempre più ai suoi test nazionali.
“Il varo definitivo del decreto-legge sulla scuola, pomposamente titolato ‘L’istruzione riparte’ (ma per dove?) – dice Bernocchi – è stato salutato da un coro di elogi da parte dei sostenitori della scuola-miseria e della scuola-quiz, che hanno sottoscritto le valutazioni della ministra Carrozza. Risorse? Centralità? Ci sono forse massicci investimenti per una istruzione a cui lo Stato dedica solo più l’8,4% della propria spesa contro una media nell’Unione Europea dell’11%?”.
Le critiche non risparmiano le altre parti del decreto. “Carrozza e i suoi fan – prosegue Bernocchi – cercano di rendere un elefante il topolino dei 115 milioni per borse di studio agli studenti (su cui ovviamente non si sputa) e l’altra manciata di milioni (una quarantina in tutto) per evitare la “dispersione scolastica” e per mandare docenti ed Ata nei musei”.
La seconda parte dell’attacco del leader dei Cobas della Scuola è tutta per l’operato sempre più centrale dell’Invalsi. Alla “centralità”, sostiene ancora Bernocchi, “Carrozza la riserva non già alla scuola pubblica ma alle aziende e a quella loro “longa manus” che è l’orribile Invalsi come metro di valutazione di scuole, docenti e studenti e come distributore agli stessi di premi e punizioni. Perché il veleno del decreto sta in articoli che sono pressoché ignorati da politici e laudatores. Nell’art.16, innanzitutto, che impone ai docenti, che lavorano nelle zone in cui i risultati dei quiz Invalsi siano inferiori alla media nazionale, l’obbligo di andare “a ripetizioni” di quiz, di partecipare cioè ad un addestramento coatto, ad una sorta di “rieducazione”, che li renda succubi dell’apprendimento tramite indovinelli; e addirittura impone di svolgere tale attività anche “presso imprese all’interno del contesto aziendale, al fine di promuovere lo sviluppo professionale specifico dei docenti. Gli insegnanti dovrebbero andare ad apprendere come insegnare i quiz in aziende estranee alla scuola e che per lo più non sanno neanche come salvare se stesse, una volta venute meno le laute sovvenzioni statali”.
“Lo diciamo chiaramente a Carrozza: non andremo ‘a ripetizione’ di quiz né dagli Invalsiani, che nulla sanno di didattica, né – conclude Bernocchi – dalle aziende del tutto estranee all’istruzione”.
Intanto, però, dopo la sperimentazione di alcuni anni, i testi Invalsi hanno trovato terreno fertile in tutti i livelli scolastici. Ed il Ministro ha fatto intendere che saranno sempre più perfezionati ed estesi. Se i Cobas non dovessero cedere sulla loro posizione di intransigenza, i motivi di contrasto con l’amministrazione scolastica sono destinati ad acuirsi.
Alessandro Giuliani

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