La relazione tra scuola e mondo del lavoro sta per peggiorare ulteriormente con l’istituzione dei nuovi licei TED (transizione ecologica e digitale), istituiti nell’anno scolastico 2022/23 (governo Draghi), in via sperimentale in 28 istituti della penisola, ma che già quest’anno vedranno col governo Meloni un’implementazione: si parla di almeno mille istituti.
Si tratta di un percorso scolastico quadriennale che mira a trasformare radicalmente il nostro sistema educativo. Tra gli obiettivi del consorzio ELIS (Leonardo, Snam, Eni, Acea, Microsoft, Toyota, Atlantia, Tim, Accenture…), delegato dal MIM a gestire l’impianto strutturale del Licei TED, vi è la sostenibilità e la transizione ecologica e digitale della nostra scuola. Tale obiettivo è raggiungibile, secondo tali aziende, riservando alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) un ruolo da protagonista nel percorso formativo, che cerca di integrare conosecnze umanistiche e scientifiche. Le 110 imprese coinvolte collaborano attivamente nell’ideazione e realizzazione dei programmi di insegnamento, garantendo “competenze aggiornate e l’opportunità di verificarle sul campo, attraverso tirocini e altri modelli di didattica sperimentale”. Il liceo TED, in coerenza con gli obiettivi del PNRR, si inserisce perfettamente nel modello aziendalistico, in cui gli studenti vengono educati come futuri lavoratori o imprenditori di sé stessi.
La durata di quattro anni permetterebbe agli studenti di entrare un anno prima all’università, “garantendo un grado in più di libertà per approfondire specifici interessi con esperienze all’estero o esperienza in azienda. Il tutto permetterebbe agli studenti di costruirsi un profilo scientifico e professionale più originale”. Le ore settimanali sono 34 + 2 settimane di summer job (PCTO) nelle aziende della rete. Scuola capofila è l’IISS Ettore Majorana di Brindisi.
L’impianto pedagogico prevede la prevalenza della didattica digitale con connessioni di più classi di scuole diverse, laboratori e tirocini in aziende e una cooperazione anche con le università. La mission è chiara: fornire ai giovani gli strumenti e le competenze necessarie per affrontare meglio la transizione digitale e la Digital Trasformation in atto. Si tratta di formare persone consapevoli delle potenzialità delle principali tecnologie digitali, come per esempio l’intelligenza artificiale e la robotica, con competenze adeguate per lavorare nel mondo dell’innovazione.
A nostro avviso, la riduzione a quattro anni del percorso formativo, rientra nel processo di immiserimento culturale e banalizzazione del sapere. La destrutturazione del percorso pedagogico, già iniziata con la scomposizione del gruppo classe (DPR 275/99) e una modularità forsennata, di concerto con l’alternanza scuola-lavoro e la proliferazione dei progetti avulsi dal lavoro d’aula (PON, Scuola viva…), subisce un ulteriore accelerazione e porta a compimento il processo di subordinazione del sapere critico e libero ad un sapere utile e competente, al servizio degli interessi imprenditoriali. D’altro canto, Pietro Cum, amministratore delegato del consorzio Elis, ha dichiarato: “dobbiamo permettere allo studente di acquisire competenze ancor prima di conoscenze”.
Siamo di fronte a un processo accelerato di privatizzazione, finanziato con i fondi del PNRR, con la svendita di risorse e strumenti pubblici ai grandi potentati economici. Vi è un ulteriore salto di qualità: l’azienda non deve più solo entrare nella scuola, ma la progetta e la realizza secondo i suoi dettami. L’azienda instilla negli studenti tre principi fondamentali: 1) il benessere della società scaturisce da quello dell’impresa, quindi la scuola deve porsi al suo servizio;2) la crisi climatica è soltanto un problema tecnico che non richiede riflessioni politiche;3) la digitalizzazione è l’unica soluzione, per cui serve una generazione di studenti competenti, volenterosi e conformi agli interessi delle multinazionali. C’è poi, da considerare che le aziende che fanno parte del consorzio Elis, sono in prima linea nel settore degli armamenti(Leonardo), dell’energia fossile (Eni, Snam), del digitale(Microsoft), della cementificazione forzata (Atlantia).
Si rafforza il ribaltamento del modello di scuola degli anni ’70 del secolo scorso, che costituiva per i lavoratori uno strumento democratico di emancipazione: basti pensare alle lotte operaie per la conquista delle 150 ore per il diritto allo studio; ora, con i PCTO e i TED, l’impresa entra con virulenza nell’universo scolastico scompaginandone regole e codici comportamentali. Gli studenti entrano in azienda e imparano le regole, le gerarchie e tutte le forme di disciplinamento. Un rovesciamento di valori, anzi una vera e propria inversione morale: la scuola si fa azienda, l’azienda si trasforma in scuola. Un paradosso che rivela una dose di ferocia e cinismo (tre studenti già morti durante il PCTO negli ultimi due anni).
La scuola ha bisogno, per essere veramente inclusiva e democratica, di rimettere al centro la didattica e i contenuti fondamentali, per tornare ad essere un luogo concreto e vivo di cultura. Bisogna tornare a discutere e dibattere in modo democratico e partecipato all’interno delle scuole rifiutando l’accettazione acritica e passiva di queste scelte scellerate e nefaste. Rigettare qualsiasi sperimentazione dei Licei TED nei collegi docenti, costituisce il primo passo verso una consapevolezza e una assunzione di responsabilità civile e costituzionale.
Massimo Montella ( Esecutivo provinciale Cobas Napoli)
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