I casi Raimo, della docente che ha frequentato i centri sociali denunciata e della maestra che lavora anche su Onlyfans hanno fatto infuriare molti insegnanti. Cosa può e soprattutto cosa non può fare un docente fuori dall’orario di lavoro? Può esprimere opinioni politiche, manifestare in piazza, lavorare in una piattaforma per adulti?
Una docente ha lanciato una petizione dal nome “Sbatti i prof in prima pagina: basta con questo clima intimidatorio” per la libertà di pensiero e di insegnamento, che dal 23 marzo al 1° aprile ha raggiunto 15mila firme. Ecco cosa si legge nel testo di presentazione:
“Siamo insegnanti, personale della scuola di ogni ordine e grado, di ruolo o precari/e; entriamo ogni giorno in classe cercando di appassionare, istruire, informare, far ragionare studenti e studentesse. Molti e molte di noi, al di là del lavoro, hanno un passato e presente di attivismo e impegno sociale; di militanza, di volontariato, di associazionismo, di partecipazione politica. Queste esperienze ci hanno arricchito e hanno contribuito a fare di noi gli insegnanti che siamo.
“Quando non lavoriamo è tempo personale in cui abbiamo tutto il diritto di esprimere la nostra opinione. Quanto sta succedendo ad un’insegnante precaria di Treviso, è un caso destinato a creare un ulteriore spartiacque. Dopo il professor Raimo, sanzionato per le critiche al ministro Valditara, la professoressa viene usata come nuovo cavallo di Troia in previsione di un’ulteriore stretta autoritaria del codice di comportamento dei dipendenti pubblici. In discussione non è più solo quello che sui social si scrive (non importa se dieci anni fa, o ieri: Dio perdona, Internet no!), ma ogni comportamento che chiunque, in modo anche pretestuoso, additi come ‘non idoneo'”.
“In un clima di caccia alle streghe, la deriva autoritaria che si sta delineando all’orizzonte è pericolosissima. L’obiettivo, lo ripetiamo, è la modifica del codice etico: chi sta zitto, chi la pensa come chi governa, ha i requisiti per stare in cattedra. Gli altri, diffamati, sbattuti in prima pagina, ostacolati. Raimo, Salis, ne sono solo degli esempi. Se questo ennesimo caso non solleva indignazione e non viene creata una seria opposizione, il futuro è un codice etico che vada a minare ulteriormente le nostre libertà personali, a causa del lavoro che facciamo”.
“Chiunque conosca la scuola non può che essere consapevole di quanto questo attacco sia pretestuoso. Lavoriamo sottopagati, facendo fronte a problematiche socio-economiche crescenti; in classi-pollaio, in strutture fatiscenti, con tecnologie obsolete o, al contrario, cercando di arginare gli sprechi del PNRR. La scuola media italiana, insomma, ha molti mali. L’antifascismo e l’attivismo per i diritti non sono tra questi. Ed è ipocrita e pretestuoso tirare in ballo l’inadeguatezza rispetto a ragazzini di 11 anni che vanno in scuole sempre più fatiscenti; che hanno appena visto sottrarre milioni di euro, destinati all’istruzione, per il riarmo. Da educatori ed educatrici, vogliamo sottrarci anche a questo pensiero che dipinge i/le minori con cui lavoriamo come esseri manipolabili, confusi, da indottrinare e traviare. Siamo tutti i giorni in classe con loro. Ne condividiamo fatiche, gioie, solitudini, ricerca di identità. Hanno bisogno di confronto, di scontro, di coerenza e solidità. Sortirne da soli è l’avarizia, diceva Don Milani. Sortirne insieme è la politica. Qualcuno vorrebbe cancellare questa parola dalla scuola, eliminando in primis chi si mette in gioco in prima persona. Se vogliamo che il nostro rimanga uno stato di diritto, dobbiamo agire ora. A partire, sì, proprio dalla scuola, perché è un’istituzione importante, in uno Stato che civilmente si definisca tale, ma viene costantemente strumentalizzata a fini politici. Basti pensare alle nuove indicazioni nazionali: la scuola diventa un capro espiatorio dove, qui sì, emanare normative fortemente ideologiche. Non possiamo continuare ad essere delle pedine in questo gioco al massacro”.
Un codice etico con norme specifiche per docenti e personale scolastico anche sui comportamenti sui social: il Ministero dell’Istruzione e del Merito lo starebbe redigendo, avendolo già sottoposto a una commissione di giuristi. Lo riporta La Repubblica.
Il Codice dovrebbe essere in linea con il già esistente Codice di comportamento nazionale per i dipendenti pubblici, modificato l’ultima volta nel giugno del 2023. Importante, come anticipato, il capitolo sull’uso dei mezzi di informazione e dei social network, dove già si legge che “il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale”.
E che “le amministrazioni si possono dotare di una ‘social media policy’ per ciascuna tipologia di piattaforma digitale”, che “deve individuare le condotte che possono danneggiare la reputazione delle amministrazioni”.
Tutto avviene dopo che molti casi hanno fatto scalpore: ritorna in mente il caso del docente Christian Raimo, sospeso dal servizio per tre mesi dopo aver criticato il ministro Valditara. O, ancora più recente, quello della maestra di un asilo cattolico che lavora anche sulla piattaforma Onlyfans, per la quale molti genitori chiedono il licenziamento per “comportarsi” in modo poco decoroso. Il nuovo Codice dovrebbe anche regolare la comunicazione in chat come WhatsApp tra docenti e studenti.
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