Il rapporto tra digitale e didattica è oramai da un ventennio al centro di riforme, investimenti e percorsi educativi atti a modernizzare – o secolarizzare – le conoscenze dei docenti circa l’utilizzo di applicativi, sistemi e banche dati per una didattica sempre più digitale e sostenibile.
La circolazione delle informazioni e dei materiali, le strategie comunicative e il medium sempre più accessibile ed inclusivo hanno reso la multimedialità scolastica elemento di interesse, tanto da inserirla in un mastodontico pacchetto di investimenti parte del piano Scuola 4.0, avanzato dal Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, in ottemperanza agli obiettivi europei afferenti all’Agenda 2030, che mette il digitale e le nuove tecnologie al centro ed al servizio di formazione e didattica.
Tra le tecnologie ed i sistemi di condivisione citati dai rapporti ministeriali figura la pratica del coding: l’insegnamento del pensiero computazionale di fatto non è obbligatorio, ma è sempre più al centro di interrogativi e proposte didattiche.
La comparsa e la diffusione dei personal computers nell’ultimo trentennio è proceduta a pari passo con l’insegnamento, in seno a discipline scientifiche, delle maggiori tecniche di pensiero computazionale e di coding, atte a stimolare maggiore creatività, attitudini ed abilità nello studente alle prese con una didattica sempre più digitale ed innovativa.
Tali abilità oggi, in un mercato del lavoro, dei beni e delle competenze in continua fluttuazione, sono indispensabili tanto quanto leggere, scrivere, produrre, elaborare e capire: le arcinote e assai richieste tecniche di problem solving e posing rientrano nel coding.
Questo è noto come “l’utilizzo didattico e ludico di strumenti intuitivi di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale e comprendere gli aspetti algoritmici della vita quotidiana e di ogni disciplina di studio”. È la normativa europea, già dal 2016, a regolare il pensiero computazionale e la relativa didattica: purtroppo, almeno al momento, restano in vigore solo norme, menzioni, surveys.
Numerose sono le linee guida e le raccomandazioni circa l’utilizzo del digitale e delle nuove tecnologie per una didattica più funzionale. Anche INVALSI, in un recente articolo e studio, menziona l’importanza di tali sistemi, facendo inoltre riferimento alle piattaforme più utilizzate dai docenti, tra cui figurano Scratch, Code.org, CodeAcademy, Minecraft e LegoStorm.
Il primo menzionato è utilizzato in larga parte presso la scuola primaria, mentre l’utilizzo di App Inventor interessa maggiormente il secondo grado. Nuove sono anche machine learning, IA, musica e 3D: il loro utilizzo anche attraverso le tecnologie legate a realtà virtuale ed aumentata, sono ideali per i docenti al fine di stimolare la comparsa di abilità, attitudini e competenze in una società sempre più digitale ed interconnessa.
Tali strumenti, in conclusione, non mirano solo ad un aumento complessivo della produttività attraverso un coinvolgimento più ampio e coeso attraverso strumenti digitali, ma anche ad una democratizzazione delle tecnologie utilizzate in sede didattica ed educativa per lo studio e la comprensione di ogni disciplina, a patto che non costituiscano fine o limite della didattica stessa.
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